Voliamo con i piedi per terra. Tutta l’Italia nell’abbraccio tra Vialli e Mancini

L’Italia ha meritato la qualificazione ai quarti, ma l’Austria ci ha riportato coi piedi per terra. Non è detto che sia un male

Il primo a correre incontro a Roberto, con le braccia alzate dopo i due gol, è stato il suo amico Luca, come faceva in campo tanti anni fa. Si sono abbracciati forte Mancini e Vialli, fratelli d’Italia, e noi con loro, mentre sullo sfondo gli azzurri si rotolavano in campo stravolti e felici dopo le reti di Chiesa e Pessina che ci hanno portato ai quarti di finale. Sono queste le immagini della gioia che vogliamo trattenere negli occhi dopo 120 minuti di pura sofferenza. Quegli abbracci Mancini e Vialli li aspettavano da 29 anni… A Wembley il 20 maggio del 1992 la Samp dei due gemelli ai supplementari perse una finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona: fu la più grande delusione della loro gloriosa carriera. Stavolta Wembley ha forse sanato metà di quella ferita, per l’altra metà ci vorrebbe ancora una vittoria sempre a Wembley l’11 luglio, in finale.

GRAZIE VAR

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La strada però è ancora molto lunga e ieri abbiamo capito che è piena di difficoltà. Perché se è vero che alla fine l’Italia ha meritato e che i cambi di Mancini sono stati decisivi (hanno segnato due subentrati e forse potevano anche entrare prima…) è altrettanto vero che nel secondo tempo abbiamo sbandato, l’Austria è stata più pericolosa di noi, ha preso campo, ci ha sovrastato fisicamente e in due occasioni solo i fuorigioco scovati dal Var ci hanno salvato dal gol di Arnautovic e dal rigore commesso da Pessina. Fossimo andati sotto, sarebbe stata durissima recuperare. Però abbiamo capito che non siamo solo capaci di essere belli come nelle prime tre gare del girone, ma sappiamo anche soffrire, non mollare, rialzare la testa. E anche la fortuna su quei due episodi, soprattutto sul primo millimetrico off side, ci ha dato una mano. Non c’è peccato nè alcuna fatica ad ammetterlo: la fortuna è una componente del gioco.

Oltre ad aggiungere altri record (12esima vittoria consecutiva e record di imbattibilità superato) questa vittoria però va celebrata perché segna il primo obiettivo che si pretendeva dalla Nazionale: arrivare ai quarti. Lì ci aspetteranno Belgio o Portogallo, Lukaku o CR7. Lo sapremo oggi.

Certo, se dopo il girone sembrava che nessuno ci potesse fare paura, dopo questa faticosissima vittoria siamo tornati un po’ con i piedi per terra. Ma non è detto che non sia un bene. Questa sofferenza e la consapevolezza di avere anche dei limiti o, meglio, delle caratteristiche che in certi momenti della gara possono diventare un gap, non deve farci indietreggiare nelle ambizioni o spaventare, ma tenerci ancora più uniti nei momenti di difficoltà. Per fare muro e provare a superarli. Abbiamo una squadra di piedi buoni, un centrocampo di qualità, un attacco che punta sul fraseggio palla a terra. A parte i difensori centrali e Spinazzola, però, regaliamo agli avversari centimetri e muscoli e in certi momenti paghiamo dazio. E quando le squadre si chiudono bene, come è avvenuto con Turchia e Austria nel primo tempo, se la palla non gira veloce e non c’è il necessario movimento, diventa complicato scardinare le difese e le nostre giocate individuali latitano. Se con la Turchia nella ripresa l’Italia era passata subito e poi aveva dilagato, stavolta l’Austria, più fisica di noi, è venuta fuori alla distanza e abbiamo perso sicurezza abbassando il baricentro.

Ogni partita però fa storia a sé e nei quarti Belgio o Portogallo, non si chiuderanno nella propria tre quarti per aspettarci, giocheranno la partita in modo aperto e gli spazi saranno maggiori. Ma salirà maledettamente il tasso tecnico degli avversari. Sarà dura. Più dura che con l’Austria, ma ce la giocheremo. Consapevoli delle nostre qualità e di qualche limite, ma con la voglia di continuare l’avventura. Abbiamo preso confidenza con lo stadio di Wembley e abbiamo ancora voglia di abbracciarci e di vedere Luca correre incontro a Roberto, mentre in campo i nostri azzurri festeggiano.

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