Napoli, l’attacco si è perso: i numeri della crisi. Peggio solo la Roma

È solo una questione di precisione: puntare, mirare e poi possibilmente segnare. Che una volta veniva facile assai, perché le statistiche – che sanno avere pure un’anima – il calcio lo raccontano (a modo loro) affinché qualcuno sappia leggerle. Però, sic et simpliciter, è tutto scritto nel libro bianco del passato e pure in quello del presente e si può stare per ore e giorni e settimane ad interrogarsi sugli ultimi weekend del Napoli, ma basta sistemare lo sguardo nei numeri per accorgersi che i nove gol dell’anno scorso, in 270 minuti , contano di più e pesano di più dei sei di questo periodaccio che improvvisamente sa di niente. Pure Watson sorriderebbe dinnanzi ad analisi così elementari.   

Napoli, i gol nell’anno dello scudetto 

Per chi non ha memoria e non ha neanche voglia di andare a scavare negli archivi, all’alba di un campionato fa il Napoli ne fece cinque a Verona, poi quattro al Monza e a Firenze, la terza, si inchiodò sullo 0-0; stavolta, banalmente, tre reti al Frosinone, due al Sassuolo, uno alla Lazio, con dentro la prima sconfitta stagionale, lasciano indugiare sulla natura del malessere. 

Napoli, il confronto con il passato 

Ma si può persino fare a meno di mettere a confronto il Napoli di oggi con quello che ieri Spalletti ha trascinato nell’Olimpo degli dei, sono sempre un po’ fastidiosi i paragoni, anche se in epoche così ravvicinate, e poi – come dicono i retorici – ogni partita fa storia a sé. Però adesso, anno di grazia 2023-2024, c’è dell’altro, c’è una squadra che costruisce tanto, che entra poco in area, che calcia con discreta frequenza, ben più di chiunque altra e che, visti i risultati, ha pure la capacità di sbagliare con percentuali rilevanti, da cerchietto rosso o azzurro. 

Napoli, tanti tiri e pochi gol  

Non c’è bisogno di studi particolari per rendersi conto ch’è tutto radiografato e che ormai niente sfugge: il Napoli ha avuto la capacità di costruirsi 66 opportunità, più banalmente ha tirato in 66 circostanze verso la porta avversaria ed è stato capace di relagarsi una gioia solo nel 9% dei casi – sei gol -, facendo meglio della Roma, ma (assai) peggio di qualsiasi altra grande. L’Inter, che ne ha già segnati otto, ha appena il 13,3% di freddezza; l’altra capolista, il Milan, è quella che nel derby se la passa meglio, con il 22,8%, qualcosina in meno della Fiorentina, alla quale non manca l’istinto del killer, evidentemente. La squadra dei 90 punti, del terzo scudetto, del migliore attacco, della miglior retroguardia, con il miglior giocatore del campionato (Kvara), il capocannoniere in giro con la numero nove (Osimhen) e pure con il miglior difensore (Kim) , ha avuto ragionevolmente un rendimento alto (altissimo), per stracciare in maniera tanto evidente la concorrenza e sistemarla a sedici punti di distanza, almeno. E alla fine delle trentotto giornate, quelle settantasette reti, distribuite, equivalsero a due gol e poco più a partita. 

L’Europa insegna   

Ma i giochini – appassionino o anche no – suggeriscono pure altro: il Napoli della Champions League, un poster mostrato in Europa, ne fece quattro al Liverpool, cinque (negli ottavi) all’Eintracht, sei ai Rangers, dieci all’Ajax per un totale di 25 in otto gare, roba da lasciare secchi gli avversari, di vincere il proprio girone e poi di arrivare ai quarti. Dove però arrivò all’andata a Milano senza Osimhen e Simeone, e con Raspadori ammaccato ; ed al ritorno, con un VO9 depotenziato dagli acciacchi: divenne, fatalmente, un’altra cosa quel doppio confronto e al Napoli rimase soltanto il rimpianto e qualche imprecazione contro la sorte, che ci mise parecchio del suo. Più o meno come adesso, quando però Garcia li ha avuti tutti – tranne Kvara affaticato alla prima e poi tenuto in panchina alla seconda – ma visibilmente distratti o semplicemente imprecisi, vai a capire il motivo reale. Con il 9,1% neanche nel calcio si riesce a comandare il Paese

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