Inter, ribaltone per Inzaghi: quattro mesi fa era a un passo dall’esonero

La voce cavernicola, che ti dà subito un’idea per il regalo di Natale, una bella cisterna di collutorio gola,  risuonerà per altri due anni a San Siro, salvo imprevisti. Salvo cambi di luna, salvo cambi di gusti, salvo cambi di opinione: queste le postille non scritte in tutti i contratti degli allenatori, che ci vuoi fare. Ma per Simone Inzaghi non è proprio questo il momento di immalinconirsi con la relatività della vita e la caducità della gloria terrena: firmare per l’Inter fino al 2025 è una vittoria trionfale, senza se e senza ma. Passerà alla storia come il ribaltone di Inzaghi. 

Inzaghi all’Inter: dal possibile esonero al rinnovo 

Non facciamo finta di sorvolare, popoli della curva che adesso mandate in tilt i social con il giubilo della fumata bianca: questo Inzaghi è lo stesso Inzaghi che soltanto quattro mesi fa, non quattro ere geologiche, era a un millimetro anche meno dalla pedata nel didietro, una pedata collettiva a furor di popolo, via l’allenatore indeciso, confuso, senza personalità, via l’allenatore che non dà un gioco, via l’allenatore che sbaglia i cambi, via l’allenatore che in fondo finora ha allenato la Lazio, avesse detto, qui siamo all’Inter e lui è troppo piccolo per una faccenda così grande.  Non bisogna essere malevoli, per ricordare: basta fare qualche ricerchina su Google (cardiopatici e seminaristi evitare social), per ritrovare i titoli di questa primavera, una primavera torrida sotto i glutei di Inzaghi, altro che surriscaldamento climatico, lui rosolava sulla graticola e avvertiva un inequivocabile aroma di grigliata, se stesso ormai ben cotto e pronto per essere impiattatoTutto annullato, in fondo si scherzava. Ai primi di settembre è già il migliore degli allenatori possibili. Ripensandoci bene, è quello che ha portato l’Inter all’ultima curva della Champions, mettendo una feroce strizza al popolare Pep, ma poi c’è il resto, le due Coppe Italia, le due Supercoppe, e poi la solidità di squadra, e poi il gioco, e poi l’aggressività, guarda come è già ripartito, tre vittorie in tre partite, unica squadra a non prendere gol, inerzia portentosa per arrivare al derby sfondando tutto quanto. Ma sì, s’erano dette diverse cose accompagnandolo alla porta come un mezzo impedito, effettivamente sembra cambiato il mondo. O magari è cambiato lui, sta a vedere che è proprio cambiato lui… 

Inter, la forza di Inzaghi: restare se stesso 

Invece non è andata così. Invece Inzaghi non è cambiato di una virgola rispetto a quell’Inzaghi là. La sua forza, il suo trionfo, la sua rivincita, sta proprio in questo: perdendo la voce ad ogni partita, come ingoiasse ogni volta una cassa acustica, Inzaghi è rimasto tale e quale anche sull’orlo del precipizio, ha creduto fino in fondo nel suo lavoro e prima ancora in se stesso, pronto ad essere silurato, eppure giocandosi imperturbabile le proprie carte, fino all’ultimissima possibilità che restava.  Un sacco di allenatori allungano i contratti (a parte quelli che li firmano e il giorno dopo prendono l’aereo per l’Arabia). Ma se c’è un tratto distintivo di questo allungamento interista, sicuramente va individuato nel merito particolare del tecnico, capace da solo di capovolgere completamente la sorte segnata, trasformandola in un’affermazione plebiscitaria. Poi è persino superfluo mettere le mani avanti: lasciagli disgraziatamente perdere il derby, lasciagli fare un paio di 0-0, e i fuochisti ricominceranno subito a preparare la brace, come gli Alpini alla festa della caldarrosta. Sta scritto nel destino di ogni allenatore, sta scritto nel pittoresco costume del tifo sportivo, non sarà Inzaghi a ribellarsi e a sorprendersi della solita tiritera. Ma in ogni caso stavolta qualcosa resterà, sempre e comunque, nella buona e nella cattiva sorte: se quattro mesi fa Inzaghi non era da Inter, d’ora in poi toccherà all’Inter essere da Inzaghi.   

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