Favolosa Italia, sei in semifinale! Barella e Insigne affondano il Belgio di Lukaku

Impresa della Nazionale a Monaco: gli azzurri di Mancini martedì affronteranno la Spagna a Wembley

dal nostro inviato Marco Pasotto

2 luglio – Monaco (Ger)

E allora sì che adesso possiamo cantarlo tutti insieme a squarciagola, come facevano ieri sul pullman azzurro: più bella cosa non c’è. Di questa Italia, ovviamente. E di cosa, altrimenti? Ora che Lukaku non fa più paura e De Bruyne è stato disarmato, possiamo entrare nel salone delle feste riservato alle quattro belle d’Europa. Un traguardo che profuma intensamente di buono perché per arrivarci abbiamo sottomesso i numeri uno. Quel Belgio che guarda tutti dall’alto del ranking Fifa, terzo nell’ultimo Mondiale a cui noi non siamo nemmeno riusciti ad arrivare, e che cullava legittime ambizioni di successo finale. E se noi siamo riusciti a superare i primi della classe, logica vuole che nulla ci sia più precluso.

De Bruyne con Doku

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All’Allianz Arena finisce 2-1 con gol di Barella, Insigne e un rigore di Lukaku e il nostro percorso diventa sempre più globale. Stavolta menù completo: collettivo, spunti individuali, sofferenza e personalità. E Mancini si prende una bella rivincita con Martinez, che nel 2013 lo aveva battuto col suo piccolo Wigan in finale di FA Cup facendolo esonerare dal City. Il c.t. azzurro aveva chiesto divertimento anche in vigilia, e ha fatto ciò che ci si aspettava sia a centrocampo (confermati Barella, Jorginho e Verratti, ovvero la mediana titolare con l’Austria), sia in attacco. Quindi con Chiesa preferito a Berardi sulla destra. In difesa accanto a Bonucci alla fine si è presentato Chiellini, evidentemente confortato dall’ultimo provino di questa mattina.

Martinez in vigilia si era risentito nel vedersi accusato di pretattica a proposito di De Bruyne e Hazard. I grandi punti interrogativi. Enigmi diventati lungo i giorni di una portata tale da rendere la Sfinge un mito da dilettanti. Kevin ed Eden, ovvero il cuore del Belgio: ricamatori, suggeritori e percussori assistiti dalla tecnica e dal senno tattico. Alla fine si è presentato in campo soltanto – si fa per dire – De Bruyne, ma la vera novità è stato il socio di reparto sul centro-sinistra: non l’atteso ed esperto Carrasco, bensì il talentuoso 19enne Doku, fin qui utilizzato soltanto con la Finlandia.

La mossa a sorpresa dello stratega Martinez. Mossa che ha pagato. L’esterno del Rennes ha un altro passo rispetto a Di Lorenzo, che si è ritrovato più di una volta col fiato corto quando è stato puntato. Il Belgio ha avuto un approccio migliore del nostro e davanti si è mossa come da copione: servendo Lukaku sulla corsa quando era possibile, oppure con le percussioni di De Bruyne, a cui Romelu apriva il cancello allargandosi a destra.

Lukaku ha iniziato seminando il panico nell’area azzurra: due infilate nei primi due minuti che non siamo riusciti a contenere. Anche perché l’Italia, dopo essersi inginocchiata insieme agli avversari a supporto di “Black lives matter”, è partita come altre volte: circolazione di palla molto accademica e poco incisiva, a fronte di un Belgio decisamente più concreto, forte della buona guardia di Tielemans su Verratti e Witsel su Barella. Risultato: Immobile impegnato a lungo in regata solitaria, anche se va detto che Ciro ha combinato poco, e male, con i palloni passati dai suoi piedi.

Spavento

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L’Italia però, si sa, ha i suoi tempi per carburare. E infatti alla prima occasione ha dato un segnale chiaro al Belgio. Minuto numero 13, punizione di Verratti e deviazione in rete con la pancia di Bonucci. Rapido consulto tecnologico e rete annullata per… triplo fuorigioco (Chiellini, Di Lorenzo, Bonucci). La Var ci ha dato (Austria), stavolta ci ha tolto. Lo spavento deve aver fatto bene alle maglie rosse, che nel giro di quattro minuti hanno esaltato tutta la tecnica di Donnarumma, nello stadio del suo idolo Neuer. Prima su De Bruyne (coefficiente di difficoltà decisamente elevato), poi su Lukaku (un rasoterra bello perfido).

La scossa alla truppa azzurra l’ha data anche stavolta Chiesa, con un paio di spunti dei suoi che hanno trasferito coraggio a tutti. E alla mezz’ora siamo passati: errore in uscita di Vertonghen, Verratti ha servito Barella che si è messo a sciare fra i paletti, evitando Vertonghen, Thorgan Hazard e Vermaelen, e concludendo con un destro a incrociare imprendibile. Un gol bellissimo. A quel punto l’Italia ha completato l’opera di messa a punto. Sistemandosi per bene in tutte le posizioni.

Chiellini ha ruggito sul collo di Lukaku – sfida fantastica da vedere -, Barella e Verratti hanno preso coraggio, Chiesa ha proseguito a martellare (destro fuori di un’inezia) e a un minuto dal 45’ il palcoscenico se l’è preso Insigne con un’azione personale iniziata nella nostra metà campo e conclusa in solitaria alla sua maniera – destro a giro – dopo aver saltato Tielemans come un birillo. Il problema è che il Belgio è riuscito ad accorciare subito, prima dell’intervallo. Spinta di Di Lorenzo in area su Doku e rigore trasformato da Lukaku.

Ragnatela

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Un gol che peraltro non ha creato contraccolpi psicologici agli azzurri al rientro dagli spogliatoi. Anzi, siamo cresciuti in personalità con le linee guida di sempre, iniziando a tessere la nostra ragnatela di passaggi e a dipingere gioco con i creativi della sinistra. Solo che l’attacco più o meno di massa ci ha esposto alle ripartenze. Che potevano costare carissime. Due frangenti di terrore puro. Al 17’, quando De Bruyne ha messo in mezzo per Lukaku con Donnarumma tagliato fuori: eroe del momento Spinazzola, che ha salvato di coscia a porta indifesa. E al 26’ quando ancora Romelu non ci è arrivato di testa per questione di millimetri.

Cambi azzurri: prima Cristante per Verratti e Belotti per Immobile, poi Berardi per Insigne ed Emerson per Spinazzola, ma in questo caso si è trattato di un cambio forzato, con l’esterno della Roma che si è procurato la probabile – e grave – rottura del tendine d’Achille. L’ultimo brivido ce lo ha imposto Doku, che si è bevuto mezza Italia e ha concluso con una sberla alta di poco. Dopo di che, è stata festa grande. Si torna a Wembley, e l’Italia intende restarci sino all’ultimo giorno.

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