Toro, c’è il codice Mazzarri Più moduli e Ljajic mezzala

30 giugno 2018 – Milano

Il genietto serbo del Torino Adem Ljajic, 26 anni. LaPresse

Il genietto serbo del Torino Adem Ljajic, 26 anni. LaPresse

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Ce ne fosse bisogno, si scolpirà anche sulle pietre di Bormio. Sarà insegnato, provato, ripetuto fino allo sfinimento: è il codice Mazzarri, quell’insieme di concetti e filosofie attraverso le quali si plasmerà il Toro che verrà a sua immagine e somiglianza. Sarà un laboratorio, la Valtellina, il centro di produzione del nuovo corso granata al riparo tra boschi e sorgenti, montagne e aria pulita. Dove planeranno nozioni chiare e idee precise. La parolina magica è il lavoro, un dogma assoluto del Walter-pensiero; i concetti chiave si condenseranno in principi solo apparentemente semplici: tattica, duttilità, interpretazione del modulo, disponibilità, sacrificio. Non immaginatelo diversamente, il Toro di domani avrà un Dna riconoscibile a un miglio, un’impronta tattica forte. E lasciate perdere anche gli stereotipi e i luoghi comuni che talvolta hanno accompagnato Mazzarri in alcune esperienze: non ci sarà spazio per il difensivismo o il «gioco all’italiana», il nuovo Toro proverà a mischiare i principi del guardiolismo, pressing e recupero alto della palla, un discreto possesso e un calcio verticale totale a vocazione offensiva. Un Toro scatenato, quindi. Mazzarri è un maestro di tattica, pronto a salire in cattedra. Meno di una settimana al raduno del Filadelfia, poco in più per il ritiro: a Bormio tutti in aula, la campanella sta per suonare.

niente integralismo — Capitolo primo del codice Mazzarri. Non sarà battezzato un modulo fisso, inteso in senso tradizionale. Un’idea di base c’è, certo, ed è quel 3-5-2 che sarà la piattaforma dalla quale tutto partirà: dinamico, modulare, pronto a cambiare pelle a fisarmonica. Ma niente integralismo: si vedrà spesso il Toro distendersi con il 4-3-3 o il 4-3-2-1, variabili validissime considerate le qualità del parco giocatori. Più che i numeri, ciò che conta sarà una duttilità tattica da insegnare senza trascurare nulla. Scordatevi esperimenti durante la stagione, ciò su cui si lavorerà a Bormio sarà praticato per tutta l’anno: banditi improvvisazione e superficialità tattica. Tassativo.


difesa a 3 — Tutte le squadre di Mazzarri sono state costruite partendo dalla difesa. E il Toro non farà eccezione. Al pronti via, sulla lavagna si disegnerà una linea a tre, ma cominciando da subito anche a provare una disposizione a 4 come piano-B. I tre dietro saranno l’incipit del verbo tattico di Mazzarri, richiamando la presenza in rosa di 6 centrali (il famoso gioco delle coppie). Nel ruolo, in ritiro partono Moretti, Nkoulou e Bonifazi, aspettando il rientro di Lyanco, oltre a un gruppo di giovani, ecco perché c’è fiducia che il mercato porti due centrali (uno di piede sinistro). Linea alta, movimenti coordinati, capacità d’impostare dovranno diventare meccanismi super automatici.

esterni chiave — L’attacco del Toro si avvierà dai suoi uomini di fascia. Gli esterni saranno centrali. Mazzarri richiede giocatori di grande gamba, con una spinta dal potere devastante (ricordate Maggio e Zuniga al Napoli?), in grado di fare tutto il campo. La scelta di Bruno Peres s’incastrava perfettamente, ora avendo in portafoglio Ansaldi (un jolly, ambidestro) e De Silvestri, con Barreca ai saluti, torneranno utili 2 innesti in fascia.

ljajic 2.0 — Si difende di squadra, si attacca in undici. Il Toro comincerà l’azione offensiva dal centrale coinvolgendo otto-nove giocatori. A centrocampo, dove si esalteranno gli inserimenti delle mezze ali, si cerca un centrocampista centrale di buona tecnica (per dare il cambio a Rincon) e una mezzala mancina di fisico e sensibile al gol. Affascinante il progetto Ljajic: stima altissima per il serbo, si lavorerà per una versione 2.0 con compiti da mezzala. Senza trascurarne uno spostamento sulla trequarti nel 4-3-2-1 accanto a Iago o da punta bassa. E poi c’è l’attacco, ultimo non a caso, terminale del lavoro di squadra e già al completo. Il reparto offre abbondanza e qualità: la forza di Belotti (l’unico «monouso», può giocare solo da centravanti) e il multiuso di Niang, Iago, Edera, Berenguer (seconda punta o esterni) servono l’opzione 4-3-3. Allora, non resta che iniziare a sudare. Mazzarri non vede l’ora.

 Mario Pagliara 

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