Tom Daley: “Ecco perché i calciatori gay non fanno coming out…”

L’olimpionico Tom Daley, oro a Tokyo nel tuffo sincronizzato dalla piattaforma, non è d’accordo con chi suggerisce che uno degli scogli nel fare coming out per i calciatori omosessuali sia la possibile reazione negativa dei compagni di squadra

Quando si parla di omosessualità, soprattutto negli sport di squadra, si tocca un argomento delicato. E in molti hanno sottolineato quanto timore ci sia da parte dei colleghi nel dichiarare la propria omosessualità, invitando a non avere paura di dichiararsi. Ma non è così semplice. Un conto è rivelare una cosa del genere alla propria famiglia e agli amici, un altro è farlo pubblicamente. Già dirlo ai compagni di squadra non è assolutamente un gioco da ragazzi, considerando che persino uno come Philipp Lahm nel suo libro ha sconsigliato un’eventualità del genere, visto che le reazioni potrebbero essere dannose. Ma l’olimpionico Tom Daley, oro a Tokyo nel tuffo sincronizzato dalla piattaforma, non è d’accordo.

DALEY – Daley conosce bene la situazione degli atleti omosessuali, avendo fatto coming out nel 2013, ad appena 19 anni. E pur non vivendo uno sport prettamente di squadra, ha spiegato a RadioTimes che secondo lui la difficoltà nell’uscire allo scoperto non deriva dalle possibili reazioni dei compagni, ma dall’arretratezza di parte del pubblico, soprattutto in Premier League: “Penso che sia una questione di paura della reazione tifosi. Non ritengo che i compagni di squadra possano avere una reazione particolare al coming out di un calciatore. Ma agli Europei si è visto come i tifosi inglesi abbiano dimostrato razzismo e omofobia. È un processo complicato e ci vuole qualcuno di veramente coraggioso per farlo nel calcio. Si tratta di essere coraggiosi e di raccontare la propria storia”.

BAMFORD – Un po’ quello che ha spiegato qualche mese fa l’attaccante del Leeds Patrick Bamford. Parlando in un documentario di Channel 4, il centravanti ha detto la sua al riguardo e se da compagno di squadra immagina non ci sarebbero problemi nello scoprire dell’omosessualità di un collega e amico, la questione di quello che potrebbe succedere altrove non può certo passare inosservata. “Un calciatore gioca dentro a uno stadio e sicuramente la cosa di cui si preoccupa di più è la reazione dei tifosi. Penserà sicuramente ‘mi canteranno qualcosa?’. Il che non dovrebbe accadere, ma il problema è che spesso alle partite c’è gente che ha bevuto un po’ troppo e che potrebbe dire cose sbagliate”. Dunque, c’è da educare il pubblico. E nonostante la strada sia lunga, è un percorso che va intrapreso…

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