Suazo: “Lukaku top 5 al mondo. Il mio caso Inter-Milan…”

IL CASO SUAZO

Per anni ha rappresentato uno dei principali incubi del sindacato difensori di Serie A. Rapidissimo, ma anche forte fisicamente e con una tecnica al di sopra della media. David Suazo è stato attaccante del futuro nel calcio del passato. Bastava una sua percussione per spaccare in due retroguardia e partita. Venne scelto dall’Inter per rinfoltire il ventaglio di opportunità in un reparto avanzato che in Italia non aveva eguali e in Europa faceva invidia a molti. L’honduregno ha avuto il piacere di far parte di una delle rose più forti della storia del club nerazzurro e ha contribuito agli importanti successi del post Calciopoli. Lo abbiamo intervistato – in esclusiva per Fcinter1908.it – prima del confronto con il Cagliari, altra sua ex squadra.

David, il 2007 è stato l’anno dello sbarco della ‘Pantera nerazzurra’ a Milano.
“E’ stata un’esperienza fantastica. Allenarmi ad Appiano, condividere lo spogliatoio con grandissimi calciatori e lottare per quei traguardi è stato bellissimo. Ho incontrato grandi uomini e stretto amicizie che porto con me”.

Tipo?
“Con Francesco Toldo e Nelson Rivas su tutte. Sono splendidi ragazzi che mi hanno accompagnato in quell’avventura. Ci sentiamo ancora ed è sempre un piacere”.

Eppure poteva finire al Milan…
“Sono quegli aneddoti che ti segnano e che dopo anni puoi raccontare sorridendo. L’Inter si era mossa prima di tutte, ho sempre saputo che mi volesse. In un momento delicato della trattativa, però, mi chiamò Cellino per dirmi che ero diventato un giocatore del Milan. Fu una sorpresa. Non riuscivo a dormire in quei giorni, ma alla fine riuscì a spuntarla e a rispettare la parola che avevo dato ai nerazzurri”.

Come mai teneva così tanto a vestire la maglia nerazzurra?
“Mancini mi spinse a scegliere l’Inter. Parlò con me diverse volte e quello fu un segnale che mi riempì di orgoglio”.

Che rapporto aveva con lui?
“E’ stato il mio mentore. Mi ha voluto fortemente e l’ho apprezzato tantissimo. Mi ha fatto entrare a far parte di un top club e la sua fiducia è stata importantissima per me”.

Come mai quella squadra ha vinto così tanto?
“Era la migliore in quegli anni, c’erano giocatori di una caratura fantastica. Inoltre veniva da un percorso strutturato nel modo giusto e poteva contare su un’ossatura che ha retto anche nei momenti più difficili. Poche squadre hanno fatto cavalcate simili”.

Ci regali qualche aneddoto particolare.
“Ripenso alle sessioni di rigori in allenamento con Ibrahimovic o con Eto’o. Sono situazioni che porto nel cuore. Sono stato fortunato ad avere compagni di quel calibro. Mi viene da ridere quando ripenso ai viaggi in pullman. Spesso, prima e dopo le partite, cantavamo tutti insieme i cori della curva. In particolare, quello di Eto’o. Lui gongolava quando intonavamo il motivetto dedicato a lui e gli altri ridevano. Samuel era davvero importante per quel gruppo”.

Cosa non ha funzionato invece con Mourinho?
“Rimane il dispiacere per aver fatto solo sei mesi nell’anno del Triplete. Giocai solo una gara di Champions, contro la Dinamo Kiev in casa. Ogni allenatore ha dei calciatori che rappresentano delle priorità nel progetto. Per caratteristiche, lo ero sicuramente con Mancini. Lui non la pensava allo stesso modo, ma nel calcio è una cosa normalissima. Feci il possibile per giocarmi le mie carte, ma non bastò”.

Il compagno più forte in nerazzurro?
“Ibrahimovic sicuramente tra i più bravi, non ho mai visto un giocatore fare così tanta differenza in quegli anni. Anche Luis Figo aveva una qualità assurda. E non posso escludere Francesco Toldo: per me è stato un grande esempio”.

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