San Siro sotto stress: l’erba soffre ma la rizollatura non è semplice

I club milanesi ci pensano per la sosta: i tempi stretti lasciano dubbi sulla riuscita dell’operazione

È un milanese classico, almeno stando a come raccontano i milanesi altrove: stressato. In realtà, il prato di San Siro lo è, ma ha le sue ragioni, perché mai si era giocato con questa frequenza su un manto erboso che da tempo ha i suoi problemi. Problemi che risalgono agli anni Novanta, a una copertura che era avveniristica, però ha modificato la circolazione dell’aria. Giovanni Castelli, agronomo della Lega con una lunga esperienza di gestione di San Siro, difende il povero prato. “Esteticamente non è il massimo, ma rispetta i parametri Uefa in fatto di anti infortunistica e livello di prestazione”. Insomma, non è colpa dell’erba se si gioca bene o male, tantomeno bisogna prendersela con il campo se qualcuno si infortuna. Il difensore d’ufficio di questo è certo: la palla rimbalza come deve rimbalzare, il terreno non è troppo duro o troppo morbido e non si spacca sotto la minima trazione. Diciamo che sta facendo del suo meglio per resistere a un inverno difficile.

Momenti duri

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“Non è neppure la stagione peggiore: l’anno spartiacque è il 2014, dopo un campionato durante il quale abbiamo cambiato il campo dieci volte”, racconta Castelli. San Siro è una specie di scatola con un coperchio, ma la presunta pessima qualità di base del terreno è un non problema. “Una leggenda metropolitana. Il prato è staccato da tutto quello che c’è sotto, quaranta centimetri più giù. È un sistema chiuso, a falda sospesa”. Un sistema che andrebbe comunque in difficoltà venendo calpestato tanto spesso. “Da quasi otto anni abbiamo scelto un ibrido, prato sintetico misto a naturale. Ma giocando con questa frequenza, anche a 24 ore di distanza tra una partita e l’altra, qualsiasi prato soffrirebbe. Finché ci saranno due squadre che giocano anche le coppe in uno stesso stadio, il problema si riproporrà”.

Soldi

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In Inghilterra, si spende quattro volte più di quello che si spende in Italia per la manutenzione dei campi erbosi, in più il clima è più favorevole alla crescita dei prati e soprattutto non esistono impianti in condivisione. “La spesa media di manutenzione ordinaria per una squadra di Serie A è di 100-150 mila euro”, dice Castelli. A San Siro, impegni doppi, raddoppiano anche i costi. E rizollare San Siro costa circa mezzo milione, ma in questo periodo dell’anno non si potrebbe essere sicuri del risultato ottenuto. “Da Milan-Juve al derby abbiamo due settimane: una servirebbe per sostituire il campo, una per cucirlo. Dovrebbe funzionare tutto alla perfezione: non dovrebbe piovere, gelare, nevicare. Non dovrebbe esserci un intoppo nei trasporti”. Vale la pena di rischiare? I club se lo stanno chiedendo. Già ieri si era al lavoro per far ricrescere l’erba nelle zone più disastrate, soprattutto il centrocampo. Ma i risultati non renderanno il terreno tanto diverso. Sarà erba giovanissima, fatta crescere in pochi giorni.

Peccato originale

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Si cercano rimedi, intanto con nuove sementi che arrivano dall’Oregon e che sembrano funzionare molto bene. Piccole serre vaganti per favorire la fotosintesi con la luce artificiale, lavoro continuo sulle zone critiche. “San Siro ha tutto quello che serve, tutti i sistemi più moderni. Ma si gioca troppo e questo è il dazio da pagare, come succede, anche se in maniera diversa, a Roma e Genova. Di solito il terreno ibrido se la cava bene per tutta la stagione, però con questo superlavoro qualsiasi ibrido darebbe problemi. Il peccato originale è la Nations League che ci ha impedito di utilizzare la pausa di ottobre per intervenire. A gennaio non può essere la stessa cosa”. L’erba dall’Oregon sarà pure più verde, ma dovrà avere il tempo di germinare. “E in coppa Italia, pochi giorni dopo il derby, si ripresenterà la solita situazione di stress”. Per migliorare San Siro non serve un clima diverso. Basterebbero meno piedi a calpestarlo di continuo, ma questo non si può fare.

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