San Siro, la 9 e la prima gioia in rossonero: Giroud, tutto in una notte

Per il francese è stata una giornata di prime volte: il debutto al Meazza, il primo gol col Milan e in A: “La numero nove? Non sono superstizioso. E ora voglio giocare con Ibra”

L’aveva detto chiaro e tondo il giorno in cui era stato presentato: “Non sono superstizioso, quindi il numero di maglia non può condizionare le prestazioni. Sono cristiano, non penso alle maledizioni. Il 9 l’hanno indossato i grandi in questo club, per me non sarà motivo di pressione o tensione”. Il fatto è che prima di Olivier Giroud quel numero lo avevano “sfidato” in tanti, senza riuscire a domarlo. Lui, invece, parrebbe davvero l’uomo giusto per sgretolare la maledizione. Usiamo il condizionale, ma è giusto per eccesso di sicurezza. Perché ai due gol di stasera occorre aggiungere i tre nelle quattro amichevoli a cui ha preso parte nel precampionato. Insomma, iniziano a essere indizi importanti.

Tre segni

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Olivier ha preso per mano il Milan e l’ha accompagnato verso una vittoria di sostanza e spettacolo allo stesso tempo. Lui stesso è stato entrambe le cose: la sostanza del sinistro con cui ha rifinito la splendida azione di Hernandez e Diaz, lo spettacolo del colpo di tacco con cui ha messo Leao davanti al portiere dopo soli nove minuti, chiarendo a tutti di saper maneggiare la materia rossonera già molto bene. Olivier ha usato la stessa partita per lasciare il segno tre volte: primi gol in Serie A, primi gol ufficiali con la nuova maglia alla prima esibizione a San Siro. Fa strano, ma non c’era mai stato nonostante le centinaia di partite alle spalle. Si è conquistato il Meazza nella serata più bella, quella del ritorno allo stadio dei tifosi.

Prova totale

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L’ultimo rossonero ad aver messo a segno una doppietta all’esordio a San Siro era stato Balotelli a febbraio del 2013 (Udinese). Mentre l’ultimo numero 9 a fare due gol in casa era stato Higuain a ottobre del 2018. Statistiche sfiziose, che però devono necessariamente cedere il passo alla concretezza della prova di Giroud. Una prova totale: gol, gol sfiorati, sponde, assist, appoggi sempre intelligenti, scegliendo i tempi giusti, andando incontro al pallone per liberare spazi. I compagni lo hanno trovato sempre e lui ha permesso al gioco di scorrere secondo l’idea di calcio dell’allenatore. Sembrano meccanismi mandati a memoria da anni, ma Olivier si allena col Milan soltanto da un mese e mezzo. Raccontano che ci ha dato dentro dal primo giorno, e suona come quelle frasi che si dicono sempre in questi casi. Ma il campo sta provando la bontà dell’affermazione.

Orgoglio

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Lo si capisce bene anche dai dettagli. Per esempio dallo sforzo di parlare in italiano nell’intervista a fine partita. Poi a un certo punto ha ceduto all’inglese, ma le prime parole sono state nella lingua del Paese che lo ha chiamato con sé. E hanno fatto un bell’effetto se rapportati ai “grazzie” altrui. “Sono molto orgoglioso di giocare per il Milan e di giocare a San Siro. E’ una grande emozione. Sono molto felice della prestazione della squadra perché abbiamo cominciato la partita giocando il nostro calcio. Avremmo anche potuto segnare di più. La maglia numero 9? Non sono superstizioso. Credo in me stesso e nelle mie capacità. Da piccolo guardavo Van Basten, Papin e Inzaghi e indossare questa maglia mi rende felice”. Poi svela un dettaglio importante sul rigore: “Nel foglio in spogliatoio sono io il rigorista. Avevo già segnato e avrei potuto lasciarlo segnare a Hernandez, ma sono un attaccante e avevo voglia di segnare ancora. Ibra? E’ un grande campione, ha una grande personalità ed è molto importante nello spogliatoio. Voglio giocare con lui, ma sono felice di giocare anche con gli altri compagni. Abbiamo giocato molto bene e spero che possa essere lo stesso con Ibrahimovic. Non importa chi giocherà, ma sarà importante rispettare le scelte dell’allenatore”.

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