Roma, l’eclissi di Abraham. Il numero 9 non c’è più

ROMA – Ore 23.30 di domenica. Su un muretto del parcheggio dello stadio Olimpico, appoggiati a una ringhiera, due giovani centravanti confabulano dopo Roma-Napoli. Parlano in nigeriano, perché Osimhen è nato a Lagos ed è il centravanti della nazionale africana mentre Abraham è nato e cresciuto in Inghilterra ma ha la famiglia originaria della Nigeria. «Victor, ci hai dato un grande dispiacere. Nello spogliatoio eravamo tutti tristi» sussurra Abraham, con lo sguardo smarrito dopo un’altra serata difficile. Mentre l’amico-rivale ha deciso la partita con un colpo da maestro, lui non ha mai tirato in porta. Nessuno della Roma anzi ha mai tirato nello specchio, come non succedeva da 7 anni di Serie A. Vorrebbe spiegare perché, spiegarsi perché.

Ora deve svegliarsi Abraham

Crisi

Un tentativo di analisi in quei minuti era arrivato da papà Mourinho, che nella sala stampa distante pochi metri diceva: «E’ la vita. Capitano momenti in cui un giocatore sembra meno bravo di quello che è. Tammy sta vivendo una di quelle fasi. Non c’è molto altro da aggiungere». Non sono i numeri realizzativi in realtà a preoccupare l’allenatore e i tifosi: anche l’anno scorso, in primo in Italia, Abraham aveva cominciato con 2 gol in 11 giornate. Aveva ripreso confidenza con la porta avversaria alla dodicesima, a Venezia, e magari farà lo stesso nella prossima trasferta veneta, a Verona. Il punto è che Abraham sta attraversando un’involuzione tecnico-tattica molto visibile, che può essere legata a un’insofferenza psicologica: nel 2021 Mourinho lo metteva in campo anche quando era zoppo. Quest’anno invece, tra la concorrenza più teorica che effettiva di Belotti e le impostazioni strategiche della squadra, Abraham ha giocato 152 minuti in meno, con il conseguente e proporzionale calo del numero dei palloni giocati: 290 contro 324 (2,67 minuti per un tocco contro 2,86: siamo lì).

Roma-Napoli, Osimhen consola Abraham

Ballottaggi

A parità di presenze, undici su undici, è finito in panchina due volte (contro zero). E nelle nove partite da titolare, è stato sostituito sette volte. Nel suo primo campionato italiano era successo in quattro partite: la prima al debutto assoluto con la Fiorentina (69’) dopo solo un allenamento con la Roma, che lo aveva acquistato dal Chelsea poche ore prima; le altre tre dal minuto 82 in poi. Oggi in sostanza Abraham riceve un trattamento diverso: contro Salernitana, Empoli, Sampdoria e Napoli è stato il primo giocatore richiamato in panchina. E non per gestione: per scelta.

Integrazione

Alle sue responsabilità si sommano le difficoltà collettive della Roma, specialmente nella concretizzazione delle occasioni da gol. Ma Abraham in questo campionato ha calciato più spesso in porta (28 tiri contro 25) e anche nello specchio della porta (13 contro 8) rispetto all’anno scorso, pur avendo giocato di meno. Quindi il rendimento offensivo è stato fin qui molto scadente – non era stato brillante nemmeno all’inizio dell’avventura in Serie A – per una questione di dettagli: pensate agli errori sotto porta contro l’Atalanta, che in qualche modo ne hanno marchiato l’umore. Da quel pomeriggio stregato Abraham non è più ripartito: l’ultima rete resta quella segnata a Empoli il 12 settembre. Nel 2021 almeno si era un po’ sfogato in Conference, con 2 reti in altrettanti spezzoni di partita. Nel girone di Europa League in corso, Tammy è ancora fermo a zero.

Abraham, crisi senza fine

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Abraham, crisi senza fine

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