Retegui, garantisce la storia: la Juve oriunda ha sempre fatto gol pesanti

Nella storia della Juve si è parlata una sola lingua, quella della vittoria. A prescindere dalla nazionalità il pensiero nello spogliatoio è stato sempre in linea con la famosa frase di Boniperti: “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta“. L’unica bandiera che ha sventolato è stata quella bianconera, anche se il legame Italia-Sudamerica è stato sempre molto forte, in particolare con l’Argentina. E a Torino di oriundi che hanno fatto la storia del club ne sono passati alcuni. Un ultimo ora potrebbe aggiungersi alla lista. Di chi stiamo parlando? Di Mateo Retegui, che si è preso in poco tempo anche il posto da titolare nello scacchiere di Spalletti.

Da Sivori ad Altafini, gli oriundi della Juve

Sivori è più di un fuoriclasse. Per chi ama il calcio è un vizio” – disse Gianni Agnelli. Bellezza, eleganza e un carattere molto forte: alla Juventus ha fatto la storia ed è ancora oggi un metro di paragone per diversi calciatori. Giocava già in modo moderno. In campo emergeva molto il suo spirito latino. Con l’Argentina ha collezionato 19 presenze, ha segnato 9 gol e ha conquistato anche la Copa America prima di vestire l’azzurro. Nel 1961 dopo aver vinto il Pallone d’oro, ha deciso di giocare con l’Italia. Di presenze non è fatte molte, solo nove. Gol? Otto, di cui quattro in un’unica partita contro l’Israele. Uno dei pochi a fare un poker. Di certo il più grande oriundo della storia bianconera, ma non è stato l’unico. Facciamo un salto nel passato e torniamo al 1928, al quinquennio d’oro dei cinque scudetti di fila. Tra i pilastri di quella rosa spiccavano Orsi e Cesarini, famoso per i suoi gol negli ultimi istanti di partita, la cosiddetta “Zona Cesarini”. Raimundo, noto anche come Mumo, segnò ben 77 gol, alcuni direttamente da calcio d’angolo.

Il filo conduttore che lega l’Italia, il Sudamerica e la Juve è molto lungo e arriva anche in Brasile. Chi tiene le due estremità? José Altafini, che i giovani d’oggi ricordano soprattutto per il suo accento stravagante nelle telecronache. Un trasferimento dal Napoli che gli è valso l’appellativo di “core ‘ngratoda parte dei tifosi partenopei. Con la Vecchia Signora ha vinto due scudetti ed è diventato un modo di dire, una tendenza del calcio da quel momento in poi: il giocatore “alla Altafini”, ossia chi riusciva a essere decisivo a gara in corso. I subentri dalla panchina di Altafini (i titolari erano Bettega e Anastasi) sono diventati proverbiali visti i numerosi gol.

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