Rebus Roma: americani, pensateci bene

La Roma sta per cambiare. Se ne andrà Tiago Pinto e per ora nessun rappresentante della proprietà americana si è fatto avanti per trattare l’eventuale rinnovo con Mourinho. Eppure questa sarebbe l’unica via d’uscita, la conferma di José Mourinho. Se non andrà così (e probabilmente non andrà così), la domanda che dovremo porci (e porre soprattutto ai Friedkin) non è tanto chi prenderà il suo posto, ma quale squadra verrà consegnata a chi prenderà il suo posto. Ovviamente non quella attuale, ovviamente serviranno giocatori di spessore, non scommesse, non campioni acciaccati, sempre che l’idea sia crescere e puntare decisamente alla Champions. Ma i Friedkin hanno davvero questo progetto? Con i paletti Uefa, con la probabilità (forte, soprattutto se Mou se ne va) di non vedere più in giallorosso Lukaku e Dybala, hanno questa possibilità? Possono davvero rifare la Roma? Perché di questo si tratta. Mourinho è la garanzia di un fenomeno irripetibile: dal primo giorno del portoghese l’Olimpico esaurito spinge una squadra che al primo e al secondo anno di José è arrivata sesta e ora è settima. Una squadra che in campo internazionale, superando limiti evidenti, ha giocato due finali europee in dodici mesi.

Roma, Mourinho senza difensori

Mercoledì sera Mou è diventato il primo difensivista d’Europa senza difensori. Non è una battuta, è la verità che da mesi si consegna a un allenatore innamorato della Roma. Ce ne sono di tecnici più bravi di lui, o quanto meno del suo stesso lignaggio. Guardiola, Klopp, Ancelotti, con uno di questi tre la Roma avrebbe in panchina un’altra vera garanzia. Ma provate a chiedere a Guardiola, Klopp e Ancelotti se accetterebbero, oggi che allenano Haaland, Salah e Bellingham, una squadra come la Roma di questi anni. Il mistero è un altro. Mourinho ha detto che resta volentieri nella capitale, ma tutte le volte che gli chiedono di mercato risponde alla stessa maniera, allargando le braccia: la situazione è questa. José ha un ego super, può darsi che consideri il suo lavoro così perfetto da risolvere da solo le mancanze del club sul mercato, fino a un certo punto però. Lo vede pure lui che l’organico non è dello stesso livello dell’Inter (figuriamoci), del Napoli (ri-figuriamoci), della Juventus, del Milan. Per tenere accesa la squadra deve continuamente stressarla lavorando sugli elettroshock come è successo contro la Cremonese, ribaltone nell’intervallo, cambio di sistema, dentro attaccanti e alla fine partita e qualificazione riprese. Tutto questo è sufficiente per restare in corsa, non per salire di livello, non per competere con le migliori.

Roma, Mourinho sciamano di un popolo

È vero pure che José, tranne la Conference League di due anni fa, non vince dal 2017 (l’Europa League col Manchester United) e che in Inghilterra la sua stella si era appannata prima di tornare in Italia, ma il suo mercato è inesauribile. L’Arabia lo avrebbe riempito di soldi, ora ci sta pensando il Brasile. Il mistero è questo: come abbia fatto a innamorarsi così di un club che non ha le sue stesse ambizioni né tanto meno le sue conoscenze calcistiche, fino a dichiarare la volontà di rimanere per il quarto anno di fila. Si è innamorato di Roma, della Roma e di un Olimpico che si riempie per lui. Si sente lo sciamano di un popolo fedele. Se riuscisse a ragionare con freddezza, a fine stagione sarebbe lui a salutare la compagnia, senza aspettare i Friedkin. Gli americani stiano attenti, perché soprattutto a loro conviene confermare Mourinho

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