Raspadori: “Io come Schillaci e Rossi in azzurro? Sono cresciuto con questo sogno”

L’attaccante del Sassuolo dopo la convocazione di Mancini: “Non prendetemi per un alieno, ma non ho mai smesso di credere in me stesso. Sono pronto, non ho paura”

Dal nostro inviato Matteo Dalla Vite

20 maggio – SASSUOLO (MO)

“Io come Totò e Pablito in Nazionale? Sono pronto, sono cresciuto sognando situazioni così…”. Ambasciatore porta… gol. Giacomo Raspadori ha gli occhi che sembrano disegnati, un fulmine come volontà calcistica e rappresenta alla perfezione – perché ambasciatore lo è – il progetto presentato oggi dal Sassuolo, Generazione-S, alla presenza dell’a.d. Giovanni Carnevali, della vicepresidente Veronica Squinzi, del Governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e del capitano storico Francesco Magnanelli. L’idea pratica è innovativa (“Sulle orme dei valori dati da mio padre Giorgio” ricorda Veronica Squinzi), gratuita e distintiva, abbraccia il calcio (per realtà dilettantistiche maschili e femminili), la responsabilità sociale, i valori, si sviluppa su tre distretti (Educational, Academy e Experience) e vedrà il Sassuolo investire ben 300.000 euro. “Sì, sono l’esempio classico del progetto nuovo del Sassuolo – dice Raspadori -: sono in questo club da quando ho nove anni, poco alla volta ho intrapreso qui il percorso per diventare uomo in un club che ha sempre avuto valori e che, soprattutto, ha lasciato che i giovani sbagliassero, perché altrove magari non succede”.

Lei non ha sbagliato nulla, finora. Ha mai avuto degli intoppi da arrivare a dire “non ce la farò”?

“Non prendetemi per un alieno, ma dal giorno in cui entrai qui non ho mai smesso di credere in me stesso”.

Quanto ci sperava nella convocazione?

“Ne sentivo parlare, leggevo. Ma la notizia l’ho letto sul telefonino. Ero in famiglia, con papà Michele, mamma Roberta e mio fratello Enrico: ed è stato super poterlo vivere con loro. La prima cosa che ho fatto? Ho chiamato i miei nonni Elva e Giorgio che vivono come i miei a Castel Maggiore. Il mio whatsapp è stato invaso da 200 messaggi e insomma, è una cosa talmente grande che fatico ancora a capire quanto. Se ho sentito Mancini? No, no, non ancora”.

Lei nasce a Bentivoglio, Bologna, ma dal Bologna non ci passa mai. Da piccolo chi era il suo idolo?

“Quando giocavo nel Progresso feci alcuni provini per i rossoblù ma fu una mia decisione di venire qui a Sassuolo, per seguire mio fratello. Grazie a lui ho avuto una guida e anche uno sprone: sono mancino, ma per non essere meno di lui ho imparato a scrivere e calciare anche col destro. Fino a una certa età facevo avanti indietro da Castel Maggiore, il nostro addetto stampa (Pecchini,ndr) dice che hanno istituito il primo pullmino per farmi fare la spola da Bologna. Il Pullmino-Raspa… Idoli? Mi faceva impazzire Eto’o. Poi, più avanti, ho cominciato a studiare Aguero”.

Lei sa chi sono stati Schillaci e Paolo Rossi vero?

“Con mio papà abbiamo guardato video della Nazionale: il trionfo del 2006, io ero ancora piccolo, ma anche i gol passati di Schillaci e Pablito. So che furono le sorprese, imitarli sarebbe fantastico: certamente sarà il campo a dirlo, ma sono pronto, non ho paura né spavento; solo orgoglio di poter essere nel giro azzurro”.

E’ stato anche capitano del Sassuolo, a 21 anni.

“Per questo ringrazio De Zerbi ma anche il capitano storico Magnanelli. E pure tutti i compagni: Caputo e Berardi, che per esempio in nazionale ci sono, quando le cose non mi andavano bene mi dicevano di non mollare che il mio momento sarebbe arrivato. Hanno avuto ragione loro”.

Sempre stato attaccante?

“All’inizio, da piccolo, ero centrocampista e anche difensore. Poi, arrivando a Sassuolo, il mio allenatore Papalato mi disse, dopo appena un allenamento: “Tu da domani fa l’attaccante””.

E De Zerbi quanto è stato importante per lei?

“Fa e vuole un gioco che va capito: puoi avere la tecnica che ti pare, ma se non entri nelle sue idee non ce la fai. Il suo gioco, poi, ben si è sposato con la mia struttura fisica, non imponente insomma. E ha esaltato le mie caratteristiche”.

Dove sarà l’11 luglio, giorno della finale di Euro 2020?

“Io sogno sempre, non smetto. Ma per ora i sogni li tengo per me…”.

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