Napoli, un campionato vinto in fretta

Due scudetti di Maradona, uno di Spalletti. Due scudetti grazie alla presenza di un fuoriclasse, il miglior giocatore nella storia del calcio insieme a Pelé, un altro per la presenza del gioco, dell’Idea del gioco, portata da un allenatore, uno dei migliori d’Europa. In Italia il titolo va quasi sempre alla squadra più forte, stavolta va alla squadra più bella, non solo più forte. Per questa banalissima ragione nella realizzazione del sogno del Napoli c’è la mano di Luciano Spalletti, nato a Certaldo, cresciuto a Empoli, toscano puro, orgogliosamente di campagna. Allena da più di trent’anni, ha vinto in Serie C e in Serie B (con l’Empoli), ha conquistato le coppe nazionali (con la Roma), ha portato l’Udinese in Champions, ha vinto due titoli in Russia (con lo Zenit), ha trasformato le carriere di decine di giocatori, Pizarro era un trequartista e a Udine lo ha inventato regista, Brozovic era una mezz’ala e all’Inter lo ha messo in mezzo e gli ha consegnato le chiavi del gioco, Lobotka era un giocatore senza presente né futuro e a Napoli lo ha portato al comando di ogni operazione, fino a spingerlo al livello dei migliori registi d’Europa. Però questo scudetto va oltre. È come un atto di giustizia a una carriera che non gli aveva mai riconosciuto il titolo in patria. Contano i campionati in Russia, certo, ma a casa sua è un’altra cosa, un’altra storia.

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“Empolizzazione” del Napoli

Magari c’entra anche “l’empolizzazione” del Napoli. Lui, Luciano, è nato come allenatore a Empoli, lì ha cominciato a vincere, insieme a Daniele Baldini, vecchio libero di quella squadra e oggi uno dei punti di forza del suo staff. Marco Domenichini ha giocato per due anni e poi ha iniziato la sua lunga carriera di vice-Spalletti proprio a Empoli: pensano il calcio con lo stesso cervello. Nell’Empoli è esploso il capitano del terzo scudetto, Giovanni Di Lorenzo, sono ex empolesi Piotr Zielinski e Mario Rui, altri protagonisti di questo fantastico trionfo. E, tanto per rifinire il concetto, l’ultimo allenatore ad avvicinarsi allo scudetto col Napoli era stato un altro ex empolese, rinato a Empoli, Maurizio Sarri. È quasi come averlo vinto in casa, peraltro indossando lo stesso colore azzurro. Spalletti lo ha vinto in fretta, praticamente subito. Non era nemmeno tanto sottile la diffidenza che aveva accompagnato il Napoli durante la campagna acquisti. La sostituzione quasi per intero della vecchia guardia con giocatori che pochi conoscevano aveva lasciato molti dubbi. Giuntoli, questo è innegabile, ha consegnato al suo allenatore un organico di primo livello, ma è altrettanto innegabile che il lavoro di Spalletti sia stato profondo e al tempo stesso rapido, usando intuito e ragionamento, soprattutto chiarezza. Voleva giocare in quel modo, voleva che la squadra esprimesse tutto il suo talento, voleva che quindici-sedici giocatori fossero capaci di fondere le proprie qualità fino a farne un’unica qualità, quella di una squadra. La squadra più bella e più forte d’Italia.

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