Napoli-Milan, al Maradona come al San Carlo

Questa sera io ho il privilegio di rivivere in cento minuti l’emozione di un confronto storico del Napoli con il Milan. C’è chi può e chi non può e io può – diceva il caro Angelo – perché ho percorso interamente la lunga linea d’oro dello scudetto del Novanta strappato ai rossoneri di Sacchi, dopo le amarezze e la beffa subite l’anno prima. Fu il momento più alto della storia azzurra, l’ingresso a testa alta tra le grandi perché confermava non solo il primo tricolore sottratto alla Juve con il lieve ironico disagio dell’Avvocato – («Uno scudetto in libera uscita…») – ma la grandezza assoluta di Diego Armando Maradona e soprattutto quella della squadra allestita da Corrado Ferlaino e Alberto Bigon dopo un precampionato angoscioso in cui si dava per certo l’addio del Pibe de Oro che invece fece la sua riapparizione al San Paolo castigando una bella Fiorentina passata in vantaggio con un memorabile gol del Divin Codino Robi Baggio. Non si deve dir vendetta, nel calcio, eppur così fu vissuta quella stagione che aveva visto Sacchi salire sugli altari e il modesto Bigon negargli la santificazione. Per non dire del maldigerito affronto al Cavalier Berlusconi. Arrigo dovette accontentarsi della beatitudine di cui ancora gode, Bigon non ebbe il trionfo che avrebbe meritato. Così va vissuta stasera – con una sorta di rabbia addolcita da una naturale supremazia – la risposta al Milan che ha strapazzato gli azzurri in campionato e reso amaro per Spalletti anche il match d’andata della Champions: un gol contro lo zero che Osimhen è chiamato a riempire stavolta ad abundantiam. Fino alla vittoria. Fino ad avvicinare con un cuore così la Coppa dalle Grandi Orecchie che per l’occasione chiameremo Coppa dei Campioni perché campione d’Italia in carica è il Milan, campione d’Italia sarà il Napoli.

Milan, sorrisi e risate in vista del Napoli: la carica di Paolo Maldini

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Il Napoli può ambire al successo europeo

A volte mi sembra di non essere solo un navigato narratore, ma un contafavole che tuttavia non addomestica la verità per conquistare gli sciocchi e anzi la propone fi no in fondo per affrontarli e sconfiggerli. Perché Napoli e il Napoli sono approdati al fatidico confronto con il Milan come se questa fosse l’occasione vera della consacrazione, non un atto meritato con una stagione davvero storica, altro che Champions, che la squadra e la città non avevano mai vissuto prima. E invece, ecco gli insensati trionfetti snocciolati per settimane togliendo all’epilogo la giusta, sacrosanta eruzione di felicità. Ecco le sfide europee costruite in barba al campionato consentendo una replica beffarda del Verona, diventato fatale non solo per il Milan; ecco le bizze dozzinali con il popolo che si autosilenzia creando dispetto in Spalletti; ecco l’annunciata santa alleanza fra club e tifosi come se fossero questi gli autori dell’eventuale successo. La scarsa convivenza con la vittoria vorrebbe giustificare queste banali trame, mentre tutti sappiamo che non solo Osimhen-Zorro vendicatore delle sofferenze subìte – ma tutta la squadra può ambire al successo europeo. Lo spettacolo va in scena al Maradona che ho paragonato al San Carlo, il teatro più bello del mondo. Saranno settantamila, gli spettatori, ma mi auguro che una volta dippiù, in quel santo luogo che trattiene generazioni sognanti, ricompaia quel cartello divino: “ah, che vi siete persi!”.

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