"Mi bastarono dieci minuti per scoprire Dybala"

NEW YORK – Bastarono dieci minuti. «Il modo in cui toccava il pallone, la giocata, quel tenere alta la testa. Urlai subito basta, lo chiamai e gli dissi: fai venire qui tuo papà». Di quel bambino di neanche dieci anni arrivato da Laguna Larga e chiamato Paulo Exequiel Dybala era piaciuto tutto a Santos Turza, il suo primo scopritore («così dicono le malelingue», commenta ridendo), icona dell’Instituto Atlético Central di Córdoba. Settantadue anni, cinquanta passati a scoprire giocatori. Sotto gli occhi di Turza sono passati Oscar Alberto Dertycia, Gonzalo Manzoni, Silvio Romero, Gonzalo Bergessio. Con Dybala fu molto più facile. In lui andava tutto bene, tranne una cosa. «Nene – gli disse, facendosi serio – no se puede acà venir con la camiseta de otro club». Bimbo, non si può venire qui con la maglietta di un altro club. Dybala si era presentato con quella per cui tifava: il Boca Juniors. L’anno del peccato mortale era il 2003. Il mese, marzo. «Né Boca, né River, né nessun altro che non sia l’Instituto», ripete Turza, ridendo al telefono ma con il tono di uno che in fondo non scherza.

Córdoba non è posto di compromessi. Settecento chilometri a nord di Buenos Aires, città dura, concreta, senza elfi di porcellana nei giardini, dove il calcio rende la vita un po’ più sopportabile e si consuma un terzo di tutto il Fernet venduto in Argentina, servito freddo da mischiare con la Coca Cola. Terra di immigrazione italiana, nomi che fanno Corti, Damiani, Bonfigli, Endrizzi, Gagliardi, Barsottini, Gotti, Castello, Vismara.  Questa è la capitale delle chiese, in cui i genitori affidano le sorti dei propri figli a Nuestra Señora de Asunción e sui campi del centro sportivo La Agustina centinaia di genitori ogni anno sperano di vedere l’inversione anarchica del talento, un gesto che lascerà il segno nel mondo. Quel giorno del 2003 Paulo si affidò laicamente al padre, Adolfo, il primo a credere in lui. Adolfo lo aveva accompagnato a Córdoba per il provino con l’Instituto, il Glorioso, club con più di cento anni di storia e senza pagine finali, quello di Mario Alberto Kempes. I Dybala avevano fatto cinquanta chilometri in auto da Laguna Larga. A metà viaggio, Paulo aveva chiesto di fermare la macchina. Era sceso e si era messo a sedere su un lato della strada. L’ansia lo stava divorando. Il padre, come sempre, aveva trovato il modo di tranquillizzarlo. Bastarono dieci minuti, anche perché Turza, in realtà, lo conosceva già. «L’avevo visto giocare a otto anni nel suo paese. Quando il padre lo portò, facemmo tutto subito, firmammo i documenti. Adolfo lo portava tutti i martedì e venerdì al campo d’allenamento, e la domenica per le partite. Cinquanta chilometri ad andare e cinquanta a tornare». 

Roma, le foto del primo allenamento di Dybala in gruppo!

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Così per cinque anni e sarebbero potuti essere di più se non ci fosse quel dettaglio chiamato destino. Il padre si ammalò di cancro e morì. Paulo aveva 15 anni. «Lo mandai in prestito al Newell’s – racconta Turza – perché potesse stare vicino alla madre e ai fratelli». Poi lo richiamò e Dybala decise di restare nel convitto, prendendo sul serio la sfida: voleva realizzare il sogno anche per il padre. Paulo fece tutta la trafila delle giovanili, poi la fortuna gli diede una mano. Un giornalista avvertì il tecnico della prima squadra, Darío Franco, che il centravanti titolare doveva scontare una squalifica rimediata nella stagione precedente. Giocò Dybala, diede subito spettacolo. Un giornale locale lo chiamò “La Joya” e da allora quel nome non se lo è tolto di dosso. Lo chiamavano così a Palermo, e alla Juve Leonardo Bonucci, prima del fischio d’inizio, andava da lui e gli urlava. “Dai, Joya, dobbiamo vincere”. 

Ora lo aspetta una nuova sfida. «Si parlava di Inter – commenta Turza – ora sento dire della Roma». E’ ufficiale, señor Santos, Paulo giocherà nella Roma. «Grande club – aggiunge – siamo tra i top del campionato, squadra con tradizione in Europa come Juve, Milan, Inter, Lazio, Napoli, Fiorentina. Troverà nuovi stimoli in una stagione importante. Sono convinto che sarà protagonista nell’Argentina ai Mondiali in Qatar. L’esperienza a Roma gli farà bene». Turza è convinto che il calcio italiano sia ancora adatto a quello di Dybala. «A me piace quello inglese per la velocità – spiega – ma voi siete i Campioni d’Europa». 

Il videomessaggio di Dybala ai tifosi della Roma

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Turza non ha ricevuto messaggi da Paulo. «L’ultima volta che l’ho visto è stato nel 2018 – racconta – era qui per un allenamento con la nazionale, in vista di una partita con il Messico». Una volta per una partita esibizione c’erano cinquemila persone nel piccolo stadio. «Poi andammo a mangiare e c’erano tipo un migliaio di persone. A Paulo vogliono tutti bene». Ogni volta lo vede, Dybala gli fa la solita battuta: “Dimmi qualcosa ora”, a proposito della maglietta. E poi lo abbraccia. Inutile cercare paragoni tecnici. «E’ sul livello di giocatori come Riquelme». Turza continua ad andare al campo ogni giorno per esaminare aspiranti calciatori. Ma se ve lo state chiedendo, la risposta è no, al momento non c’è un altro Dybala all’Instituto. E anche se ci fosse, probabilmente Turza non lo direbbe.

Roma, ufficiale Dybala: il video di presentazione è da brividi!

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