Lo sceriffo di Nottingham ora è Robin Hood 

Ieri c’è stata la prima assemblea di Lega post-bordello. In remoto. Agnelli non era presente. Il presidente Dal Pino ha fatto un bel cazziatone restituendo agli accusatori tutte le accuse che gli erano state rivolte. Poco altro è successo: nessun dissidente si è scusato, né ha presentato le dimissioni, tre “raggirati” hanno ricordato che il tema Superlega non era all’ordine del giorno (disaster movie), almeno undici club hanno chiesto con una lettera la convocazione di un’assemblea straordinaria per analizzare e condannare il comportamento dei rivoltosi.

Tre, ora, i rischi all’orizzonte: 1) che qualcuno trami per far saltare il consiglio e, con esso, Dal Pino e De Siervo; 2) che l’Europa ci schifi, dal momento che soltanto la Roma si è pubblicamente dissociata ricevendo il plauso del Bayern; 3) il più classico degli «abbiamo scherzato». È un mondo difficile, felicità a momenti: ieri un noto collega mi ha inviato questo sms: «Sono riusciti a farmi parteggiare per Agnelli con questa melassa di luoghi comuni, banalità, demagogia, populismo, moralismo da accattoni e retorica da quattro soldi».

Io non parteggio per Agnelli, né – tantomeno – per Fifa e Uefa, sceriffi di Nottingham trasformati in Robin Hood, ed ero contrario alla Superlega (inaccettabile la destrutturazione delle partite). Sono rimasto tuttavia sorpreso in negativo da altre cose, ad esempio dagli interventi di due allenatori di statura mondiale, Guardiola e Klopp che da una parte chiedono 25, 30 milioni l’anno e campagne acquisti faraoniche per riaffermare il ruolo di ultravincenti e dall’altra si schierano contro il piano di rilancio, ancorché organizzato male e comunicato peggio, di chi per mettere i milioni devasta i conti.

Ora, al di là di Super Champions e Superlega, chi si farà carico dei problemi che affligono il calcio europeo? Gli sceriffi di… Sherwood? Da giorni riceviamo meme e post di ogni genere sulla Superlega, intuizioni feroci e spesso divertenti: segnalo la tirata contro “il calcio del popolo e della gente” nella quale vengono elencate ipocrisie, storture e – perdonatemi – porcate del calciobusiness tollerate per anni dagli stessi tifosi che oggi il calciobusiness lo attaccano. E do il benvenuto al nuovo esponente del calcio del popolo, il qatariota Nasser Al-Khelaifi, uno che riesce sempre ad arrivare a fine mese.

Ho invece apprezzato Gundogan del City, finalmente un calciatore, che non avendo registrato reazioni di Fifpro, il sindacato internazionale, ha posto alcune domande: «Possiamo parlare anche del nuovo formato della Champions? Sempre più partite, e a noi chi pensa? Paragonato alla Superlega è solo il minore dei due mali».

Il superflop ha infine distratto (con la a) la Juve che sta monitorando Donnarumma, in scadenza con il Milan e orientato a trovare altrove una porta di lusso. Anche poche settimane prima di firmare il vecchio contratto (25 settembre 2017) il portiere fu cercato con insistenza dalla Juve e dal Psg, ma rifiutò entrambe le soluzioni. In quattro anni uomini e prospettive sono però cambiati e la Juve, sempre pronta a sedurre gli zero (parametri) eccellenti (Pirlo, Pogba, Llorente, Emre Can, Khedira, Ramsey, Rabiot), si è rivolta a Raiola. Paratici deve però trovare un acquirente per Szczesny, considerato ancora uno dei migliori cinque, sei al mondo. Una voce maliziosa insinua che esisterebbe un’intesa tra Paratici e l’agente per tenere alta l’attenzione su Donnarumma, ma fatico a credere che la Juve non faccia sul serio, sapendo di creare valore con l’acquisizione del portiere del Milan. Lui, sì, super.

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