L’esame di inglese di Scamacca: se ce la fai lì, ce la puoi fare ovunque

Il Psg sarebbe stata per lui una scelta “non allenante”, in Premier invece l’intensità è sempre alta. E lui con quel gioco alla Kane…

Da Parigi a Londra non è poi così male, se non fosse che la virata può sembrare a prima vista una picchiata. Dal Psg, infatti, a una Londra di secondo piano: non il Chelsea o il Tottenham (Champions), non l’Arsenal (Europa League), ma il West Ham, settimo nell’ultima Premier e già il 18 agosto in Conference League, la piccola coppa che non piace a nessuno finché non la vinci, la Roma ne sa qualcosa.

direzione londra

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Gianluca Scamacca sembrava promesso al Psg di Messi e Mbappé. Addirittura avrebbe dovuto prendere il posto di Neymar nell’ipotetico tridente offensivo del nuovo tecnico Galtier. Ma negli ultimi tempi qualcosa dev’essere cambiato e la pista inglese è diventata quella vincente. Meglio o peggio è presto per dirlo, sicuramente più difficile: ma l’occasione che si presenta al centravanti azzurro è unica. Se la laurea in tattica si prende ancora in Italia, il masters per i giocatori è l’Inghilterra. Il campionato più bello del mondo. Negli stadi verdi e stracolmi, o nelle dirette tv troppo spettacolari per i nostri standard, Scamacca sembrerà ancora più forte. E se sei forte lì puoi affrontare tutto. Mancini e i suoi osservatori saranno spesso tra i 60mila del London Stadium, o in giro per l’Inghilterra, per studiare il 9 destinato a prendere il posto di Immobile, anche lui all’estero, Borussia e Siviglia, ma senza fortuna. L’ultimo centravanti della Nazionale emigrante (di successo) è stato Toni, un anno dopo il Mondiale, destinazione Bayern. Squadra e ambiente ideali per crescere. Perso Lewandowski, forse a Monaco potevano farci un pensierino.

la sfida

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Comunque Inghilterra sia. Avere accanto Messi e Mbappé avrebbe avuto il suo fascino, la mistica della Champions sarebbe stata irripetibile, ma il rischio era doppio: un torneo “poco allenante”, come dice Capello, e una panchina incombente al cospetto di campioni e mammasantissima di spogliatoio, anche se Verratti gli avrebbe fatto da Cicerone. Nel vocabolario Premier non esiste invece l’espressione “poco allenante”: lì si corre come disperati fino al 90’, ma non più come una volta, palla lunga e pedalare. Gli allenatori spagnoli, italiani, tedeschi, francesi e latinoamericani hanno composto un melting pot tecnico-tattico unico, così come multietnica senza eguali è la società civile britannica. Sarebbe un folle Scamacca a non approfittarne, per arricchire un bagaglio già traboccante di vita, considerato che a 16 anni se n’era andato in Olanda per crescere e non s’è mai fatto abbattere da situazioni familiari non desiderabili.

attaccante da premier

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A guardarlo così, alto quasi due metri, con spalle che hanno l’apertura alare del mantello di Batman, Scamacca sembra nato per giocare da quelle parti. Ben sapendo che non si tratta di un centravantone d’area Old England, ma di un attaccante moderno che ama partire da lontano, scambiare e triangolare, cercando spesso la soluzione più difficile e l’assist: un “9 vero” tendente al “9 arretrato”, più Dzeko, o Kane ultima versione, che Lukaku, se il confronto — al momento improponibile per curriculum, esperienza, successi — rende l’idea. Moyes, il suo nuovo tecnico scozzese, ha un gioco più semplice di quello di Dionisi e pressa alto: non gli dispiacerà. Se si escludono i 12’ nel disastroso 2-5 di Nations League in Germania, l’ultima da titolare Scamacca l’ha giocata a Wolverhampton, nel bel pari (0-0) con l’Inghilterra, l’11 giugno. Neanche due mesi dopo, il 7 agosto, avrà un debutto da sogno, o da incubo, contro il City di Guardiola e il prototipo mondiale del ruolo, Haaland. La prima con il West Ham è già una sfida, un esame, uno spettacolo.

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