Lazio, Lotito insegue la storia: il risultato che non ha mai ottenuto

Un volo lungo 123 anni, come urla lo speaker dell’Olimpico, quando l’aquila Olympia prende lo slancio dalla tribuna Monte Mario. Canta il popolo della Lazio, si accendono le torce degli smartphone in occasione di ogni partita interna, erano quasi in sessantamila per la Juve dentro uno sventolio di bandiere biancocelesti, modello anni Settanta. Sarri sta realizzando un capolavoro, con tanti saluti ai suoi detrattori. Lotito insegue la storia, non ci sono precedenti nei suoi diciotto anni di gestione, segnata da contestazioni e risanamento del debito, risparmi e spese contenute. Un terzo posto con Rossi, nella stagione post-calciopoli (2006/07), a distanze siderali da Roma e Inter. Un altro con Pioli nel 2014/15, cedendo in volata alla Roma di Garcia la seconda piazza e l’ingresso diretto ai gironi di Champions. Il resto è noia o sofferenze indicibili, all’interno di un’aurea mediocrità, spezzata da due sole qualificazioni Champions, l’ultima nel 2020, la stagione della pandemia e dell’illusione primo posto spezzata dal lockdown.

Precedenti

Solo tre volte, escludendo gli scudetti di Eriksson e Maestrelli, la Lazio è arrivata seconda in Serie A. La prima risale alla notte dei tempi e non era ancora scoppiata la seconda guerra mondiale. Nel 1936/37 la squadra capitanata da Silvio Piola chiuse il campionato a 39 punti, meno 3 dal Bologna campione d’Italia. Per le altre due bisogna tornare agli anni Novanta. Nel 1994/95 la Lazio di Zeman (con Signori, Casiraghi, Boksic, Winter) chiuse seconda a 63 punti, meno 10 dalla Juve, senza mai lottare seriamente per il titolo. Nel 1998/99, invece, Eriksson venne beffato dal sorpasso del Milan di Zaccheroni e Galliani, finendo dietro di un punto dopo essere stato saldamente in testa e pagando il pareggio di Firenze alla penultima giornata (traversa di Vieri, rigore negato per l’intervento di Mirri su Salas).

Rimpianti

Dal punto di vista statistico, non vengono considerati due campionati chiusi al terzo posto e in cui la Lazio, sino agli ultimi novanta minuti, aveva rincorso lo scudetto: nel 2001 con Zoff in panchina e (ancora più clamoroso) nel 1972/73, quando la banda Maestrelli perse a Napoli in un clima assurdo, il Milan crollò nella fatal Verona e la Juve vinse con la Roma nel modo in cui tutti sanno all’ultima giornata. Ora Sarri si accontenterebbe di finire tra le prime quattro, avrebbe compiuto un miracolo sportivo, considerando la disparità di organico rispetto alle concorrenti e la stagione peggiore di rendimento (per motivi fisici) di Immobile.

Percorso

Cinque punti di vantaggio sulla Roma, sei sul Milan e sette sull’Inter non autorizzano a rilassarsi e considerare vicino l’obiettivo. A maggior ragione, calcolando il meno 15 imposto dalla giustizia sportiva alla Juve in attesa che si definisca il ricorso al Collegio di Garanzia del Coni. Tutto può ancora tornare in discussione e neppure il 19 aprile potremo contare su una classifica definitiva. Certo il secondo posto fa gola e assumerebbe un significato preciso, intanto perché la Lazio è la squadra che ha giocato meglio in questo campionato dietro all’irraggiungibile Napoli. Sarebbe la prima pietra di un progetto a cui Lotito e Sarri lavorano dal giugno 2021, quando si sono uniti convinti da un interesse reciproco. La Lazio, per alzare il livello, aveva bisogno di un maestro di calcio in grado di indicare una strada aggiungendo il valore del gioco e dell’addestramento. Sarri aveva bisogno di un campo in cui esprimere pienamente il suo talento e senza compromessi (altrimenti non avrebbe accettato) e di una piazza in cui identificarsi. E’ stato invaso dalla lazialità, tornando a splendere di luce propria e riflessa. E’ l’uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto.

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