La squadra di Giuntoli: gli uomini che hanno costruito il Napoli

NAPOLI – C’era un giorno d’estate. Una volta, a inizio luglio 2022, un attimo prima del ritiro di Dimaro e un attimo dopo l’esplosione della contestazione di un popolo frastornato dai dubbi e dagli addii. Sì: Insigne, Ghoulam e Ospina erano già il passato, Koulibaly lo sarebbe diventato nel giro di due settimane e con Mertens erano volate soltanto parole grosse via mail. Il caos: e lui, Cristiano Giuntoli, era al mare. Bagno Teresita, Viareggio, il solito: il telefono che squilla, il ds che dice di essere un po’ impegnato e l’uomo dei bomboloni alla crema che urla e lo tradisce. «Beh, mi sto rilassando un po’». Nel pieno della rivoluzione? «C’è una calma, siamo così sereni: non faccio nulla, credetemi. La squadra è a posto così». La confusione, in effetti, era soltanto apparente: il Napoli aveva riscattato Anguissa, preso ufficialmente Kvaratskhelia e ufficiosamente Kim e Ostigard, aveva bloccato Simeone e navigava sott’acqua per Raspadori e Navas. Il metodo-Giuntoli è questo: anticipo, programmazione, filmati, migliaia di telefonate, il fiuto innato. E il depistaggio, le bugie: tante, troppe. Vecchia scuola.

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L’attesa

E allora, l’architetto dello scudetto. Che poi, se vogliamo, è davvero un architetto mancato: 19 esami alla facoltà di Architettura dell’Università di Firenze prima del calcio. Da direttore dopo aver giocato. E soprattutto da vincente: quattro promozioni con il Carpi in sei anni, dalla D alla A con un budget in B da 2,5 milioni lordi e il Sigillo d’Ateneo all’Università di Urbino, e a seguire il Napoli. La squadra che un inverno fa aveva già costruito nella sua mente: via uno e dentro un altro. Tipo Kvara: c’è lui sul podio dei capolavori insieme con Osimhen e Lobotka. La storia è così: Zaccardo lo suggeriva da tempo, Giuntoli lo voleva da sempre e alla fine l’ha preso al momento giusto. A 11,5 milioni piuttosto che 30. Come dice lui, testualmente: lancio i galleggianti e attendo. Tutto il tempo necessario.

Il metodo

Il ds azzurro è il vertice di un sistema piramidale: ci sono il vice Giuseppe Pompilio, il responsabile dell’area scouting Maurizio Micheli e i suoi collaboratori Leonardo Mantovani e Nicolò de Cobelli. Tutti bravi davvero. Alla base, i segnalatori: ovunque, Georgia compresa. E gli amici, i rapporti di 40 anni di calcio: dirigenti, agenti, ex giocatori, allenatori. Funziona così: arriva la soffiata, si fa una prima scrematura tecnica e burocratica e se Giuntoli promuove si propone all’allenatore. E infine all’ad e al presidente: visionario e coraggioso tanto quanto il suo uomo sul campo. I cambiamenti non fanno paura con una rete capillare di contatti, il lavoro del gruppo, le partite al video e l’istinto. La competenza, il guizzo dell’architetto. Il Napoli, quest’anno, è lo specchio delle idee del suo direttore così come lo è di Spalletti in campo. Bello da morire e con i conti doc: il monte ingaggi è stato abbattuto del 35%. Un’enormità che però ha prodotto una marcia trionfale verso lo scudetto e un’esperienza in Champions già straordinaria e quasi storica (lo sarà dopo la qualificazione ai quarti). Un modello da studiare: il mercato delle idee e del fairplay sposato da De Laurentiis che batte quello dei fantamilioni. Un modello che Giuntoli insegna da 7 anni a Coverciano. Bugie comprese.

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