Juve, le mille storie e le sette vite di Gatti

Nell’Italia dei figli e dei cognati, dei nepotismi e delle parentele, ho il sacrosanto diritto di parlare bene a cuor leggero di un Gatti, con la sola colpa della pura omonimia. Mi hanno detto una volta gli specialisti di antroponimia, la scienza dei nomi e dei cognomi, che di Gatti ce ne sono praticamente in tutta Italia, quantificando ora in 13.006 le famiglie di stampo felino. La massima concentrazione, rispondo sempre io, si ritrova al Colosseo, ma è solo per fare battute cretine. Piuttosto, non è facile incontrare Gatti che attraversano la strada nel grande calcio – nel grande sport in generale -, anche se non sono neri, di qualunque colore. Restano pochissimi. Anni fa incrociammo Fabio, talento del Perugia, centrocampista, peraltro molto più promettente che confermante: il massimo fu qualche presenza nell’Under 21 e un dentrofuori con il Napoli che all’epoca risaliva dalla C alla A. P er riscoprire l’importanza di chiamarsi Gatti abbiamo dovuto aspettare l’altra sera, quando l’altrettanto promettente Federico ha segnato il gol pesante che tiene la Juve in corsa nell’Europa League.

Un significato chiaro

Cosa significhi chiamarsi Gatti in generale, spiegano sempre gli scienziati dell’antroponimia, è piuttosto chiaro: il cognome viene da un animale che non è il cane e neppure l’elefante, con un buon intuito ci si può arrivare, e nacque chissà quando con persone agili, astute, sornione. M a al di fuori delle dissertazioni linguistiche, di Gatti con la maiuscola se ne trovano di ogni in ogni luogo, come i minuscoli. Ci sono i randagi e i viziati, gli egoisti e i socievoloni, di strada e da salotto, di lotta e di governo. Pochi, molto pochi, figurano nella toponomastica stradale, a ricordo di Gatti particolarmente unici e memorabili, ma dev’essere anche per il fatto che noialtri quando fiutiamo aria di toponomastica diventiamo subito ostili e incompatibili. Ce la magnamo proprio. E questa è un’altra battuta cretina. Questo Gatti che arriva alla grande notorietà in una notte di Coppa non nasce con i quarti di nobiltà della dorata predestinazione. Ha tutta una storia da marciapiede alle spalle, tipo Romeo er fusto der Colosseo, la gavetta più classica cominciata nei sobborghi piemontesi (nascita a Rivoli) e quindi conclusa a Frosinone, da dove se l’è preso la Juve.

La sua storia

A giugno compirà 25 anni, ma il suo primo contratto da professionista lo firmò a 22 con la Pro Patria. Da omonimo orgoglioso, mi piace riproporre qui proprio il Gatti di quella firma, per rendere in modo compiuto e definitivo l’idea della persona, aspettando il tempo per qualificare fino in fondo il giocatore: «Due anni fa facevo il muratore e montavo serramenti, la sera mi allenavo tra fango, campi ghiacciati e freddo… Ne ho passate tante, esperienze positive e negative, tutto mi è servito a crescere e a farmi diventare la persona che sono oggi: proprio oggi firmo il mio contratto da professionista, mio perché sarei stato disposto a tutto pur di arrivare, a rinunciare a qualsiasi cosa, a lottare contro tutto e tutti…». Dopo lunghi anni da Gatto Silvestro, il messaggio su Instagram di un Gatto Felix. In definitiva sta tutta qui l’importanza di chiamarsi Gatti: con sette vite in tasca, ne avanza sempre qualcuna per cominciarne una diversa.

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