Inter, ecco quanto pesa il fattore Lukaku: Romelu vota il maestro Antonio

Il centravanti considera strategica la permanenza del tecnico per crescere insieme: il feeling tra i due ha fatto la fortuna del club ed è un elemento sul tavolo per il futuro

Nelle lunghe giornate di riflessione, Conte cerca certezze a cui appendersi. Una, grande e grossa, ha il nove sulla schiena e per lui si butterebbe nel fuoco: Romelu Lukaku, soldato fedele del generale Antonio, è un fattore altamente strategico nella partita sul futuro dell’allenatore.

Il parere del belga è il più pesante e influente perché così impone lo status di Rom dentro all’Inter campione di Italia: Lukaku segna a Milano grazie al tecnico e con lui vorrebbe continuare a segnare a lungo. Tradotto: considera imprescindibile questo allenatore per non arrestare la crescita sua e della squadra. È un pensiero pubblico, ripetuto a tutti ad Appiano sempre nel rispetto dei ruoli. La calamita ha due poli: avere un attaccante così è un attrattore potente pure per lo stesso Antonio. È dura rinunciare a una creatura costruita a propria immagine e somiglianza, a partire proprio dal centravantone voluto sopra ogni cosa. Il tecnico vedrà il presidente Zhang e i dirigenti dopo l’ok al finanziamento di Oaktree nei primi giorni della prossima settimana (a meno di anticipazioni) e lì verificherà se la sua ambiziosa visione coincide ancora con quella del club. Certo, ai suoi occhi non è facile digerire sacrifici nella rosa e un mercato in totale autofinanziamento, ma il fatto che il Romelu non compaia minimante nella lista dei sacrificabili è un punto a favore della permanenza.

In simbiosi

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Lukaku è un gigante buono, a parole e pure nei fatti: non è abituato ad appiccare incendi, conosce il perimetro in cui muoversi. Anzi, è consapevole che la decisione finale spetterà ad altri, che lui e i compagni sono soltanto spettatori interessanti in questa partita. Tra l’intero gruppo e il tecnico è nato, comunque, un legame simbiotico, rinforzato nei mesi più duri ormai alle spalle: mentre Suning annunciava la dieta obbligata dal governo cinese, Conte metteva tutti dentro a una bolla. Trasformava giocatori non abituati a vincere in uomini in missione. Da parte sua, Lukaku è legato da un lauto contratto (7,5 milioni a stagione più bonus) fino al 2024 e lo rispetterà a prescindere: è chiaro, però, che ai suoi occhi molto cambierebbe se in panchina non sedesse il suo maestro. Milano, città che adora, sarebbe un po’ più scomoda di quanto è stata negli ultimi due anni. In ogni caso, l’Inter ha un progetto di lunghissimo periodo sul suo fuoriclasse, forgiato nel fuoco da Antonio, un tecnico che guarda anche oltre il calcio. Conte ha trasformato da subito il belga in un possente centroboa da pallanuoto: gli sparava palloni ad alta velocità da controllare e smistare con un difensore attaccato alle caviglie. Col tempo, lo ha fatto diventare pure un running back da football americano: ha costruito attorno a lui il miglior ecosistema per scatenarlo in velocità e travolgere avversari indifesi. E le statistiche sono là a certificare il lavoro: Romelu ha eguagliato lo stesso numero di reti messe a segno nella scorsa stagione di A (23) e solo nel 2016-17 con l’Everton (25) ha fatto meglio in una singola stagione.

Desiderio esaudito

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Per capire il perché di questa scintilla, in fondo, basterebbe ripartire dai dettagli. Riavvolgere il nastro e tornare al 9 agosto di due estati fa: primo abbraccio tra i due davanti alla tv del club, mai visto Conte così sorridente. Quasi emozionato per il desiderio finalmente esaudito. La voglia di allenarlo veniva da lontano, dall’Inghilterra: Conte voleva Big Rom già ai tempi del Chelsea, dopo averlo affrontato – e battuto – con la sua Italia all’Europeo 2016. E il retroscena di quel primo appuntamento a Londra fu raccontato poi dallo stesso Romelu: Hazard fece da intermediario, dando il numero al d.s. del Chelsea e poi, a sorpresa, all’incontro si presentò anche Antonio. “Combatterei fino alla morte per lui”, ha detto di recente Lukaku a La Tribune. E vuole stare in prima linea in battaglia, ancora per un po’.

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