“Il mio Pablito”. Rossi raccontato dalla moglie Federica

Il segreto di Bearzot, le figlie, il Papa.”Per sempre noi due” è un romanzo d’amore e di vita, di malattia e anche di morte. “Mister, perché dopo la partita con il Brasile non mi ha detto bravo?”. E il Vecio spiegò…

Sebastiano Vernazza

2 dicembre – Milano

Un romanzo d’amore e di vita, di malattia e di morte. Federica Cappelletti, moglie di Paolo Rossi, ha scritto “Per sempre noi due”, edito da Rizzoli e con prefazione di Walter Veltroni, il racconto molto privato dei suoi anni con Pablito, l’eroe di Spagna ’82, coraggioso e spaventato allo stesso tempo, come tanti, come tutti, quando il destino lo costringe a mesi di ospedali e di cure faticose, di speranze, illusioni e angosce.

Fino all’ultimo metro, la sera del 9 dicembre 2020 a Siena, un anno fa. Un libro gioioso e dolente, osiamo dire terapeutico: godete di ogni momento, perché tutto può cambiare in un attimo.

Costruzione dell’amore

—  

Federica ripercorre i primi passi del suo amore con Paolo. Perugia, ottobre 2003, tra piazza IV Novembre e Corso Vannucci. Paolo fa il riottoso, respinge l’invito alla presentazione di un libro di Federica sulla Juve, poi accetta e si presenta all’appuntamento. La conoscenza, la chimica amorosa, tutto il resto. Un dettaglio rivelatore: Federica lo aveva già incontrato da bambina, nella stagione in cui Rossi giocava nel Perugia di D’Attoma e Castagner. Papà Cappelletti appassionato di calcio porta i figli a conoscere il campione e Pablito appoggia una mano sul caschetto castano della bimba sua futura moglie. Il destino è in mille particolari che sul momento non possiamo o non sappiamo cogliere.

La famiglia

—  

Federica e Paolo diventano genitori di Maria Vittoria, la loro primogenita. Rossi è già padre di Alessandro, nato dal primo matrimonio, ai tempi in cui era calciatore. Federica e Paolo si sposano a Roma, nasce la seconda figlia Sofia Elena. Insieme gestiscono il resort di Poggio Cennina, in Toscana, Valdambra, provincia di Arezzo. Uno scenario perfetto. La piscina, le colline, il paese di Bucine con la sua gente rispettosa, mai invadente. Paolo va e viene dagli studi televisivi di Milano e Roma, dove lavora come opinionista. Non dorme in hotel, rientra a casa nella notte, per risvegliarsi con le bambine. Scrive lettere d’amore a Federica: “Desidero vederti invecchiare al mio fianco, tenendoti per la mano e sussurrandoti all’orecchio il solito “Ti amo””.

Il saluto al Vecio

—  

Un giorno Rossi sale in macchina assieme a Federica, con destinazione Dolomiti. Lì, sulle montagne, ha un appuntamento particolare, l’ultimo incontro con Enzo Bearzot, il Vecio, il c.t. di Spagna ’82, l’uomo che lo difese solo contro tutti, che credette a lui e a nessun altro, quando l’Italia inchiodò Pablito sulla croce del calcioscommesse, per qualche attimo di ingenuità, per l’incontro fugace e sbadato con una persona sbagliata, le responsabilità vere erano di qualche compagno corrotto e astuto. Quel giorno sulle Dolomiti il Vecio sa di essere alla fine: “Sono malato, Paolo. Ho un tumore”. Paolo lo incoraggia, poi vuole soddisfare una curiosità: “Mister, perché quel giorno, dopo la partita con il Brasile, non mi ha detto niente? Mi sarei aspettato un “bravo””. Risposta: “Perché dovevo tenerti carico e concentrato sul torneo. Non potevo permettermi di perderti. E poi sono friulano, non sono abituato alle smancerie e ai convenevoli”.

L’angoscia all’improvviso

—  

La vita dà, la vita toglie. Nell’inverno del 2019-20 i Rossi ritornano in vacanza alle Maldive, il luogo magico del loro primo viaggio insieme. Paolo non sta bene, ha mal di schiena e una risonanza individua un’infiammazione, forse dovuta a un’artrite. I dolori aumentano, il peso cala. Un’altra risonanza e una Tac con liquido di contrasto fanno emergere una verità gelida: “Tumore al polmone con inizio di metastasi alle ossa”. La scena degli attimi in cui i medici e i tecnici si accorgono della gravità del male colpisce al cuore: “Dove sono i parenti di Rossi? C’è qualcuno con Paolo Rossi?”, chiede un dottore sulla soglia della porta della sala. Sgomento, paura, terrore. La diagnosi non lascia spiragli. Qui comincia un altro percorso, prima drammatico e poi tragico. Inizia il gioco di sguardi, di bugie buone, di mezze verità, di privacy difesa con tenacia: “Alcuni sapevano, nessuno ha parlato. Grazie”. Quando Alex Zanardi resta gravemente ferito nell’incidente con l’handbike, lo portano alle Scotte di Siena, dove è ricoverato Paolo Rossi. L’ingresso dell’ospedale si riempie di cameramen e di giornalisti, Federica fa sì che nessuno si accorga di lei e di Paolo. Federica crede in Dio, prega e non si capacita che la vita si sia accanita con la sua famiglia. Un giorno del 2021 ne parlerà con Papa Francesco in un’udienza privata: “Gli ho detto che sono arrabbiata con Dio, mi ha risposto che la sofferenza è preghiera: “Ci vorrà tempo per guarire le ferite. Non avere fretta, asseconda ciò che senti'”.

Il lungo addio

—  

I mesi della malattia sono complicati dalla pandemia. I Rossi trascorrono il lockdown a Poggio Cennina ed è un privilegio, perché si concedono belle passeggiate nella tenuta. Finché un giorno il corpo di Paolo cede: la frattura di un femore, l’immobilità, le cure per il tumore sempre più dolorose e faticose. Un calvario, tra momenti di disperazione e speranze. Straziante è il ricordo degli ultimi giorni, con il saluto alle figlie sul letto di morte. Struggente l’ultima lettera di Paolo a Federica, il 1° dicembre, otto giorni prima di andarsene: “Non riesco a dormire, sono agitato. Volevo dirti grazie un’altra volta per tutto quello che stai facendo per me e per le nostre meravigliose bambine. Ti amo. Per sempre”. Sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai, come nella canzone di De Gregori.

Precedente Kjaer, oggi l'esito degli esami: out con Liverpool e... I timori di uno stop molto lungo Successivo Israel, Soulé e... Juve, operazione risparmio: il futuro passa (anche) da loro 5