Fiorentina, Cabral: “Le urla di Italiano mi fanno volare”

FIRENZE – Tredici gol in stagione (sei in campionato, altrettanti in Conference League comprendendo ovviamente pure quello dei playoff di agosto contro il Twente, uno in Coppa Italia), ma zero contro lo Spezia: che è un semplice “rilievo” e ci sta, ci mancherebbe. Però, quando Italiano l’ha sostituito con Jovic a dieci minuti dalla fine, Arthur Cabral è uscito dal campo sotto la Curva Ferrovia perché lì era dopo aver difeso la porta di Terracciano sull’angolo in favore dei bianconeri liguri e, soprattutto, per fare prima (il risultato era sull’1-1). Testa bassa e passo svelto, nel percorso verso la panchina, costeggiando la tribuna, ha ricevuto un sacco di applausi dai tifosi viola, ormai conquistati da questo ragazzone brasiliano tutta generosità prima, generosità e gol adesso. Però, a quegli applausi ha risposto abbozzando un sorriso timido e facendo un cenno quasi impercettibile con la mano. E questo non perché ovviamente ce l’avesse con i tifosi, ma perché non essere riuscito a lasciare il segno nella Fiorentina che stava pareggiando (e avrebbe pareggiato), gli dava tremendamente fastidio e si sentiva in “debito”. Quel segno, cioè i gol, che gli “chiede” espressamente Vincenzo Italiano, uno che ha grandi meriti nella crescita esponenziale dell’attaccante ex Basilea. Come riconosce lo stesso Cabral. 

Italiano fondamentale

«Ci ho messo un po’ – ha raccontato a “Cronache di spogliatoio” – a inserirmi bene in un contesto per me nuovo, ma il modo di fare del nostro allenatore è stato fondamentale: lui è un motivatore super, non molla nulla, urla fin dal riscaldamento e pretende concentrazione. Mi ha insegnato che se voglio diventare un attaccante top non devo mai abbassare l’attenzione su quello che sto facendo e questo meccanismo mentale è stato uno dei passaggi-chiave per la mia affermazione a Firenze». 

Saldo attivo

Sì, ci ha messo un po’ ad affermarsi, forse un po’ tanto, ma ora è tutta un’altra storia e la differenza l’ha fatta più la testa più che i gol. Eppure, il “vero” Cabral era lì nascosto da qualche parte e aveva solo bisogno che i pianeti, pardon, i palloni si allineassero nel modo giusto per diventare quello che è diventato. Sta diventando. Per dire: spesso il saldo tra “gol attesi” e “gol segnati” è passivo, sia che si parli di singoli che di squadra, e invece per Cabral? E’ attivo. Ne ha realizzati come ricordato tredici, mentre la proiezione gliene assegnava undici. E se sono ancora tutto sommato pochini quelli in campionato, la media in Conference League (un gol ogni 88’) è ottima. 

Firenze casa mia

«Fin dal primo giorno a Firenze – ha aggiunto – mi sono sentito a casa e poi i gol hanno fatto il resto. C’è sempre qualcuno che mi ferma per strada e mi dice “Ehi Cabral, dai, mi raccomando, fai gol”, oppure che mi affianca mentre sono in macchina per spronarmi o farmi soltanto i complimenti. E’ davvero una bella cosa». Bella sì. E allora si torna all’inizio, ai tifosi. Se segna domani, i cinquecento che seguiranno la Fiorentina in Polonia saranno i primi ad essere “salutati” da “Re Artù”, magari col balletto gioioso insieme a Igor e Dodo, compagni di squadra e di danza. «Perché il gol è il momento più bello e va festeggiato. Perché il calcio è allegria». Il sorriso che lo accompagna in campo gli dà tutte le ragioni di questo mondo.

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