Schouten, l’olandese volante che guida il Bologna

BOLOGNA – Ormai ci scherza su: «Sono migliorato in fase difensiva. Ma mi manca il gol. In quello non sono cambiato». Non diventerà un’ossessione, ma per quelli come lui, devoti alla perfezione («Sì, è un mio difetto»), può essere un punto d’onore. Jerdy Schouten si darà da fare anche nel gol perché, ha raccontato, «è sempre bello farne». E lui, 26 anni, che vive di gioia e talento, sa come prendere in mano il suo destino. E il centrocampo del Bologna, naturalmente. L’ultima head map della partita contro l’Atalanta lo colloca dappertutto, tanto che la Lega Serie A ci ha speso pure un tweet: «Schouten era ovunque». I numeri, in effetti, sono impressionanti. Dai contrasti vinti (61%) ai palloni recuperati (167), ogni azione cominciata o interrotta porta la sua firma. E quando non c’è la firma c’è un tackle, un fallo, un gesto di contesa, un guizzo. 

Nickname

Lo hanno chiamato in ogni modo: lavatriceperché prende i palloni sporchi e li restituisce puliti», diceva Mihajlovic), signore del centrocampo (copyright by Sabatini), professore (i suoi compagni lo chiamano così). Lui si fa una risata, alza le spalle. «Professore è bello». E’ la semplicità di Jerdy che ha fatto innamorare Bologna. Per nessuno si sono scomodati i grandi opinionisti, i tifosi vip, gli esegeti del pallone. Per lui sì. L’ultimo è stato Antonio Avati, fratello di Pupi, tifoso doc, che a una panchina di troppo dell’olandese ha lanciato l’allarme: e Schouten dov’è? Manovratore, ragionatore, illusionista. Thiago Motta ne ha sempre elogiato la calma e il sangue freddo. Tra i due c’è feeling, ma all’inizio non è stato facile per Jerdy. Thiago voleva di più: più intensità, più manovra, più inserimento. Più, più, più. Schouten, che la cultura del lavoro ce l’ha dentro, non si è tirato indietro. Di Motta ha dichiarato: «E’ un bravo allenatore e farà tanta strada».

Momenti difficili

Ha passato momenti dolorosi. Come nella stagione scorsa, quando per lui arrivò un fisioterapista dall’Olanda, impiegarono le macchine più sofisticate (una scansione 3D del suo corpo) per capire che problema avesse. Molto aveva giocato la testa e alla fine Schouten si era dovuto prendere del tempo per sé. Una sciocchezza, a confronto con quello che aveva passato da bambino. «Ho avuto paura di dover smettere, ho cercato risposte in sei ospedali diversi. E giravo, con l’appoggio della mia famiglia e degli amici. Faticavo anche ad andare a fare due passi con loro in città. Una tortura. Poi il problema è stato scoperto, fra tibia e polpaccio: ho subìto due operazioni e sono stato fermo quasi un anno». 

L’esplosione

L’arrivo a Bologna è stata la sua esplosione. A gennaio lo aveva cercato il Feyenoord, ma lui ha detto no: «Sto bene a Bologna». In Serie A c’è la fila, e adesso che in mezzo al campo non ha rivali, molti club torneranno all’assalto. Intanto il Bologna si è messo al sicuro: Schouten ha firmato un contratto fino al 2026. Il suo valore è comunque quadruplicato. Nel 2019, quando è arrivato a Bologna, costò 2,5 milioni. Oggi per meno di 20 non si muoverà. «Sì mi sento un po’ bolognese, sono qui da quattro anni e il tempo vola. La sento casa mia, vivo qui con la mia ragazza e il mio cane». Romantico (andate a vedere su Instagram la proposta di matrimonio fatta a Kirsten), sognatore (aveva i poster di Fabregas in cameretta e il suo idolo era Federer), stimatissimo. Anche da Ruud Gullit, che quando non lo vide nella lista per Qatar 2022 ci rimase un po’ male. 

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