Era l’erede di Messi al Barça, ora riparte dal Crema in D

Era la stellina della cantera, adorato da Guardiola, è passato dal City, poi il carosello tra Inghilterra, Spagna e Kazakistan: a 29 anni, dopo 200 partite e 20 gol tra i pro, Gai Assulin punta alla C

Sia lodata la terza vita, perché dopo dieci anni di “guerra contro il mondo” è arrivata la pace. Armi deposte: Gai Assulin ha firmato con il Crema in Serie D. Lui, il “Messi israeliano” mai diventato tale. Il golden boy su cui Guardiola scommetteva: “Un talento unico”. Quello per cui Thiago Alcantara impazziva: “Il più forte di tutti”. Il “predestinato” che esordì in nazionale a 16 anni e in Liga a 17. “Fenomeno”, “jugadorazo”, “uno dal futuro assicurato”. Ne dicevano di ogni, ma non ci ha preso nessuno, perché Assulin ha girato il mondo senza mai trovare il posto giusto. Oggi ricomincia a 29 anni con Dossena allenatore, ai margini di un calcio su cui tutti, Guardiola in primis, l’avevano pronosticato ai vertici. E invece no: appena 200 partite e 20 gol tra i “pro”. Destino ombroso. “Sono qui perché ho sempre voluto giocare in Italia”.

Barça, te quiero

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Il cremasco abbraccia un “nuovo vecchio Leo”. In fondo l’Italia ha accolto il “Messi uzbeko” (Shomurodov) e quello georgiano (Chanturia), quindi forse era destino. Parlavamo di vite, appunto: la prima l’ha vissuta al Barcellona, arrivato a 9 anni e forgiato dalla Masia. Tiqui taca e allenamenti, partitelle e generazione d’oro. Pedro, Busquets e Thiago Alcantara. Poi Assulin, il pupillo di Pep sempre protetto. “Ricordo sedute video infinite, nozioni su giocatori avversari che nessuno conosceva, perfezione nei dettagli”. Una sola presenza coi grandi però, in Coppa del Re contro il Leonesa, dopo 10 reti nel Barça B con il maestro Guardiola in panca al primo anno (2007-08). Qualche guizzo, nulla più, tant’è che nel 2010 lascia il Barça e firma per il City. Tutta colpa di Luis Enrique: “Non mi vedeva”. L’Italia invece sì, e dopo anni. Ha giocato la prima partita in D contro il Sona di Maicon e punta la promozione in C: il Crema è quarto a -6 dal Seregno.

Giro del mondo

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A Manchester la seconda vita, ma la sua carriera non decolla: nessuna partita in prima squadra, qualche puntura di spillo tra le riserve e una sfilza di infortuni. “Mi hanno penalizzato”. Bye bye City, welcome giro del mondo: Inghilterra (Brighton), Spagna (Racing, Hercules, Maiorca), Israele (Hapoel), ancora in Spagna ma in terza divisione (Sabadell). Finisce Perfino Kazakistan (Kairat). L’ultima tappa prima di Crema è in Romania, un anno e mezzo al Politehnica Iasi e nessun gol. Fuori dalla geografia del calcio, ai confini del pallone. Da dieci anni porta il peso del talento, cerca di dribblare le tante domande sul perché non abbia sfondato, sul suo strano destino e su una caduta libera forse finita. Sempre autocritico però: “Tornando indietro non sceglierei il City, ma se non è andata come doveva andare è solo colpa mia e delle scelte che ho fatto”. L’amore per il Barça è rimasto, ma l’unica stoccata è proprio per la vecchia casa madre: “Favorisce i giovani dai piedi buoni, ma non fornisce gli strumenti per sopravvivere in altri stili di gioco”. Ora, forse, la guerra è finita. Sarebbe ora.

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