Eder, il tuttofare di Ventura E’ lui la chiave contro Israele

Un inseguimento si è concluso lunedì scorso e uno inizia stasera. Forse da qualche parte era scritto che i destini di Martin Eder e Giampiero Ventura un giorno dovessero abbracciarsi per vedere finalmente l’effetto che fa: prima trovarsi, e poi provare a guardare in faccia un traguardo insieme. Un Mondiale, tipo.

Eder esulta con Pellè, autore del momentaneo 1-1 cntro la Francia. Ansa

Eder esulta con Pellè, autore del momentaneo 1-1 cntro la Francia. Ansa

l’ultima curva — Eder è il tipo di attaccante che piace a Ventura: diciamo pure che gli è sempre piaciuto e lo avrebbe voluto allenare molto prima. In passato il c.t. ha scritto quel nome più di una volta nelle sue liste per la spesa, ma si sa: spesso le strade del mercato diventano più tortuose di quanto si vorrebbe. L’ultima curva è stata scollinata a giugno: non era necessario, ma a Ventura è bastato vedere l’Eder versione Europeo per capire che dargli personalmente una maglia non sarebbe stato più solo un desiderio. Perché l’interista si sposa bene con il suo calcio, che è fatto di ricerca della profondità e della porta, ma anche di resistenza, di corsa, sacrificio e generosità. Il lavoro di squadra che Ventura chiede alle sue punte, tanto più alla sua seconda punta. Nel 3-5-2 di oggi Eder è l’attaccante che sa stare vicino all’altro come e quanto vuole l’allenatore, ma senza pestargli i piedi (basta rivedere l’azione dell’1-1 contro la Francia). Che sa accompagnare il resto della squadra in area, ma anche andare a ingolfare le idee di gioco altrui sul nascere. Nel possibile 4-2-4 di domani chissà, ma la duttilità dell’interista sembra abbastanza per non suscitare a priori l’idea di controindicazioni.

il paradosso — La partita di stasera è un po’ la chiusura di quello strano cerchio che è stata l’estate di Eder. E poteva essere stranissima, se avesse accettato il corteggiamento anche economico e tutt’altro che nascosto dei club cinesi, fra i quali il Jiangsu del suo nuovo proprietario. Ci saremmo ritrovati a guardare un quadro immaginifico: non solo Pellè a migliaia di chilometri di distanza, entrambi gli attaccanti della teorica coppia azzurra titolare lontanissimi, e “dispersi” in un calcio molto più difficile da valutare. Per Eder è stata niente più che una tentazione da scacciare. Se l’ha sfiorato, il dubbio se n’è andato in fretta ma senza portarsene via altri, gli stessi che ormai da un po’ incarnano il suo imprevedibile paradosso: punto fermo in Nazionale, punto interrogativo nell’Inter.
questione di scelte — Era così tre mesi fa, all’alba dell’Europeo: Eder ci arrivò da precario, con le gambe vuote e il peso di ambizioni frustrate da mesi passati più in panchina vicino a Mancini che in campo. Venti giorni gli bastarono per trasformare le perplessità di Conte in consapevolezza: l’ex c.t. aveva ritrovato la vera metà della sua luna offensiva, un attaccante da quattro partite su cinque da titolare (in panchina solo nei 90’ del grande turnover, contro l’Irlanda). È così anche adesso, in fondo: la scelta di Ventura è già netta, quella di De Boer ancora da definire, al di là delle due partite su due che gli ha fatto giocare da titolare. Arrivato anche Gabigol, i dubbi sulla centralità di Eder galleggiano in parallelo con il moltiplicarsi del numero degli attaccanti dell’Inter e delle sue possibili soluzioni offensive. A (quasi) parità di minuti giocati – una manciata in più con l’Inter – Martin con la Nazionale dà più assist e segna di più (3-1). Più azzurro che nerazzurro, almeno per ora.

dal nostro inviato Andrea Elefante 

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