E gli allenatori non meritano forse più rispetto?

Non escludo che a fine campionato si conteranno, per la prima volta nella storia dei tornei di tutto il mondo, più espulsi tra gli allenatori che tra i calciatori: verso un altro nostro tristissimo primato che però va interpretato. La prendo alla lontana. Da Coverciano, Gianluca Rocchi: «Ci siamo rotti, non siamo più disposti ad accettare tutto. Da questo momento in poi non tollereremo situazioni simili. Orsato nel derby di coppa Italia è stato offeso, uno spettacolo indecente, a Salerno Guida è stato quasi aggredito da un tesserato. Ora basta. Prendiamo esempio dall’Uefa, lì chi sbaglia paga caro». Il designatore ha giustamente difeso i suoi, l’ha fatto con insolita durezza e senza ricorrere a perifrasi: troppi i comportamenti inappropriati, troppe le offese, le urla, addirittura le minacce. Non si è comunque limitato all’intemerata contro gli arbitrofagi: ha infatti riconosciuto parte degli errori commessi da direttori di gara e varistinelle ultime due giornate, specialmente nell’ultima, siamo scivolati su sbagli evitabili, ma siamo persone perbene, lavoriamo tantissimo e meritiamo rispetto»); varisti che saranno presto assistiti dal mental coach di Sinner. Avrei preferito un tecnico di Luxottica, ma non si può avere tutto. Sia chiaro: Rocchi non è soddisfatto dell’operato di alcuni elementi della sua squadra, inoltre trova sconsolante dover subire le pressioni di chi – non troppo distante da lui – cerca da tempo di segargli i piedi della peraltro scomodissima poltrona. Questo è però un tema che approfondiremo insieme allo specialista del giornale, Edmondo Pinna. Vengo al punto. Seguendo Milan-Atalanta di mercoledì sera, subito dopo l’espulsione di Gasperini (al 38’ del primo tempo!) mi si è accesa una lampadina, ammetto il ritardo: esiste un’altra categoria assai poco tutelata, questa volta dagli arbitri, ed è quella degli allenatori. Se il giocatore della Roma perde la testa con Orsato è giusto che paghi con tre giornate. Se un dirigente minaccia Guida (o simili) va subito allontanato. E se un arbitro o un varista non ne infila una, aggiungo, non può fare questo mestiere. Ho trovato onesta e precisa la disamina di Paolo Casarin sul Corriere della Sera di giovedì. Aggiungo tuttavia che gli arbitri dovrebbero gestire la suscettibilità e recuperare un atteggiamento diverso nei confronti degli allenatori, considerando le pressioni che subiscono da proprietà, tifosi, media e talvolta anche dalla squadra che è ormai un insieme di aziende individuali. E soprattutto non trascurando il fatto che sono gli unici artisti del circo a pagare col posto di lavoro, spesso per errori commessi dai giocatori, dagli arbitri e dalla stessa società che lo paga e talvolta non ne asseconda le richieste. Ricordo altri tempi, altri arbitri, certo anche altri allenatori, ma due categorie utili alla messa in scena: c’era rispetto – senza trombe e spot -, c’era condivisione di responsabilità. C’era “chi sbaglia paga”. Poi gli arbitri, alcuni dismessi, sono stati piazzati lì non per aggiungere sicurezza al servizio, ma per reggere un cartello con un occhio a lui, il Mister, il Mago, il Condottiero, lo Special, il Dux. L’ingaggio sonante. Ho visto Gigi Agnolin far inginocchiare Falcao. Qualcuno vorrebbe fare lo stesso – che so – con Gasperini, Sarri, Mourinho. Era molto permaloso e le parole altrui gli calzavano come un guanto. Di sfida. (cit.).

Roma-Atalanta, i quattro episodi che hanno fatto infuriare Mourinho

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