Di Stefano esclusivo: "Sora è casa, io a un passo dal sogno di una vita"

Con le debite proporzioni si può dire che Federico Di Stefano è per il Sora (e viceversa) quello che è stato Daniele De Rossi per la Roma. Una bandiera. Amata e rispettata fuori e dentro il Tomei. Perché, tra le tante cose, è un prodotto del settore giovanile bianconero, un ragazzo nato e cresciuto in questa terra. «Il rinnovo? Sono pronto a firmarlo in bianco…», ammette l’attaccante che è innamorato della sua città e del nuovo progetto sportivo che sta catapultando il Sora di nuovo in Serie D. Un doppio traguardo è dietro l’angolo: se arrivano i tre punti domani a Gaeta, infatti, si materializza sia la matematica promozione che l’aggancio al record nazionale della Villese, squadra calabrese che 18 anni fa ha messo in fila 24 vittorie in Eccellenza. Di Stefano ha 31 anni, è uno dei tre sorani doc della rosa (gli altri sono Simoncelli e Paolucci), ha sempre giocato tra i dilettanti trovando però il tempo per conseguire una laurea in economica a Cassino. Tra l’altro è il cugino di Davide Zappacosta («praticamente un fratello perché siamo cresciuti insieme»), ma anche un figlio d’arte. Papà Pasqualino ha militato nel Sora di Di Pucchio fino all’Interregionale, dopo aver assaggiato da giovanissimo il grande calcio con la maglia della Sampdoria, ai tempi di Vialli e Mancini. Ma non ha mai esordito a Marassi per colpa di un infortunio alla schiena. 

Di Stefano, che settimana è stata?  
«Sicuramente diversa dalle altre. Gli stimoli non servono. Non esagero se dico che Gaeta-Sora racchiude un sogno che inseguiamo da tanti anni». 

C’è un segreto dietro ai record? 
«Dall’interno, forse, neanche ci rendiamo conto di quello che stiamo facendo: i numeri sono pazzeschi. Il gruppo è il nostro segreto, la rosa è davvero profonda. Potenzialmente, ci sono venti titolari: se manca qualcuno non si sente». 

A Gaeta ci saranno più di 500 tifosi. Sente addosso la responsabilità?  
«Cerco sempre di dare più del massimo ogni volta che scendo in campo con questi colori. Tifo Sora da sempre. Anche se non sono più il capitano questa maglia per me è una seconda pelle». 

Lei è un ex della partita. Se segna esulta?  
«Certo, non ci sono dubbi (sorride)». 

Ci sarà una festa in caso di vittoria?  
«Sinceramente non lo so. Ma i nostri tifosi sono tanti e davvero speciali». 

Un voto alla sua stagione?  
«Sono soddisfatto. Non parto sempre titolare però mi faccio trovare pronto quando serve». 

I gol non le sono mancati…  
«Ne ho segnati 7 tra campionato e Coppa».

Il più importante?  
«Senza dubbio quello contro il Terracina in trasferta. E’ una sfida molto sentita». 

Quando nasce la sua passione per il Sora?  
«Da piccolissimo. Andavo allo stadio con i miei amici e poi giocavo nella giovanili mentre andavo alle elementari. Ho fatto tutta la trafila fino all’esordio in Eccellenza con Pasquale Luiso allenatore. Un’emozione indescrivibile». 

Il Sora intanto sta tornando grande…  
«Proprio così. La Serie D è un traguardo importante per una piazza che ha sempre vissuto di calcio, che in passato ha visto passare grandi giocatori e anche grande avversari: mi viene in mente, per esempio il Napoli». 

Il prossimo anno resta?  
«Non mi vedo con un’altra maglia addosso. Lavoro e quindi non sarà semplice conciliare gli impegni ma voglio continuare a vivere questa avventura fino in fondo. Sono disposto a firmare in bianco subito. Sora è tutto per me». 


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