Conte: “L’Italia sa fare tutto. Contro l’Inghilterra senza avere paura”

“Con la Spagna non abbiamo avuto fortuna, siamo stati più completi. Dominio del gioco spagnolo? Quello che conta è l’indice di pericolosità”

Antonio Conte

9 luglio – Milano

L’Italia è arrivata in finale con pieno merito. Perché si è dimostrata più completa di ogni avversario incontrato e capace di gestire diverse situazioni di gioco, sia in fase di possesso che di non possesso palla. Cercando di mantenere sempre una propria idea, identità e stile, ma sapendosi anche adattare alle qualità fisiche, tecniche e tattiche degli avversari, per trovare il modo migliore di ottenere il massimo risultato.

A volte ha dominato, altre volte ha mostrato resilienza, carattere e spirito di sacrificio esaltando le qualità collettive e individuali. Il grande merito di Mancini è aver dato alla squadra tante conoscenze che i giocatori dimostrano di aver mandato a memoria. Il nostro c.t. deve andarne orgoglioso. Una partita si può vincere o perdere anche per episodi, ma chi studia calcio sa quanto lavoro c’è dietro e la lunga striscia di risultati positivi e l’approdo a questa finale degli Europei hanno radici profonde. Il nostro calcio d’altra parte è sempre stato fatto di studio, applicazione e conoscenze. Ci sarà un motivo se nei grandi tornei siamo quasi sempre arrivati fino in fondo. L’Italia resta una garanzia. Lo dice la nostra storia.

Possesso spagnolo

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Ho da sempre una grande stima di Luis Enrique, come tecnico e uomo, dei suoi valori e della sua caparbietà. Sta avviando un nuovo ciclo nel solco della tradizione calcistica spagnola, con molti giovani di grande talento. Hanno sicuramente disputato un ottimo torneo. Ma il mio giudizio sulla partita della Spagna contro l’Italia è meno entusiasta rispetto a tanti altri che ho letto o ascoltato. Si è parlato tanto del loro possesso palla e del dominio del gioco. Ma cosa si intende per dominio del gioco e cosa deve portare? Per come lo intendo io, deve portare ad azioni da gol e situazioni di pericolo per gli avversari. E da questo punto di vista il dominio spagnolo contro l’Italia non è stato così evidente. Se il possesso palla non trova sbocchi in verticalizzazioni verso la porta avversaria o crea degli uno contro uno sugli esterni, non genera pericoli e diventa sterile. Al di là delle percentuali sul possesso, diventa fondamentale guardare l’indice di pericolosità di una squadra. Perché puoi tenere il pallone quanto vuoi, ma se non crei, non tiri e non segni, non vinci.

L’erba del vicino

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Spesso in Italia vediamo l’erba del vicino più verde della nostra. Ma non sempre è così. Gli allenatori italiani sono tra i più bravi, completi e preparati al mondo. E sanno trasferire le loro conoscenze: la costruzione del gioco dal basso, lo sfruttamento del palleggio con il fine di verticalizzare il gioco e, ormai da diversi anni, anche fare un pressing ultra offensivo lasciando in fase difensiva degli uno contro uno. Ma nello stesso tempo, quando serve, sappiamo abbassarci, chiudere gli spazi, occupare la nostra metà campo, difenderci, ripartire. Nel calcio per vincere bisogna saper fare tutto, in base ai momenti della partita. Se sei bravo solo in una cosa, non sempre basta. I nostri giocatori sono stati allenati a gestire tutte le diverse fasi di gioco. Ci sono momenti in cui pressare alto, altri in cui essere sotto palla sulla trequarti, altri ancora nella propria metà campo. A volte vieni costretto a farlo dall’avversario, ma spesso sono scelte per colpirlo, farlo aprire, sfruttare gli spazi, affondare nei suoi punti deboli. Spesso per descrivere una azione offensiva si usa semplicisticamente il termine ripartenza. Quest’ultima c’è solo ed esclusivamente quando non hai il possesso palla e la rubi agli altri. Se invece la palla ce l’hai tu, non è mai ripartenza, ma costruzione di gioco che può partire dal portiere e dalla difesa, dal centrocampo o nella metà campo avversaria se gli avversari si difendono bassi.

I tre momenti nelle due fasi

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Nel calcio moderno un allenatore deve insegnare alla sua squadra i tre momenti nelle due fasi di possesso e non possesso palla. E i giocatori, a loro volta, devono capire quando metterli in pratica durante una partita. La fase di possesso prevede tre tipi di costruzione di gioco: partendo dal basso; intermedia; nella metà campo avversaria con la loro squadra schierata con tutti gli effettivi. Quella di non possesso invece prevede: una pressione ultra offensiva; una intermedia; l’occupazione dello spazio nella propria metà campo. La nostra Nazionale ha dimostrato di conoscere tutte queste fasi. Per questo siamo completi. La partita contro la Spagna non ci deve lasciare la sensazione di essere stati fortunati, ma ci deve fortificare perché abbiamo dimostrato di sapere fare più cose di loro. Certo, poi per vincere non bastano le sole conoscenze, molto dipende dalla qualità dei giocatori che ogni squadra ha a disposizione. In passato non eravamo troppo predisposti verso la pressione alta, perché ritenevamo i rischi maggiori dei benefici. Ma oggi siamo molto migliorati anche in questo. L’Italia è un osso duro perché non la trovi quasi mai impreparata, non ti lascia spazi, ti costringe sempre a una soluzione complicata.

Quel muro dietro

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Con tutto il rispetto per tutti gli altri giocatori, oggi il punto di forza dell’Italia è rappresentato dal trio Donnarumma-Bonucci-Chiellini. Loro tre insieme danno sicurezza a tutta la squadra. Considero Donnarumma uno dei tre migliori portieri al mondo: decisivo tra i pali, coraggioso nelle uscite e abile con i piedi. E di Bonucci e Chiellini, cosa dire? Nonostante mille battaglie, sentono ancora l’odore del sangue. Mentalità vincente, esperienza, carattere, forza. Nella gestione dei momenti sono due assoluti top player nel ruolo.

Inutile cambiare

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Si discute se sia il caso di apportare novità alla formazione o cambiare modulo. Mancini non ha bisogno di suggerimenti, ma arrivati a questo punto non ne vedrei il motivo. Ci sono meccanismi che funzionano e in Nazionale non c’è tempo per studiare tante alternative. La squadra si trova con questa disposizione. Non condivido le critiche a Immobile, fa un lavoro sporco, disturba sempre i due centrali avversari, attacca lo spazio. Al di là dei gol, i suoi compagni ne sfruttano il lavoro. L’idea di un falso nove per l’Italia non mi pare appropriata. Insigne non ha quelle caratteristiche, verrebbe snaturato. E ci troveremmo con pochi riferimenti in area avversaria.

Rispetto, non paura

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L’Inghilterra è una squadra forte, con tante frecce al proprio arco. Sugli esterni sono pericolosi, perché a differenza della Spagna che tendeva a far girare palla però tornava indietro, loro ti puntano sempre nell’uno contro uno. Dribbling, tagli e sovrapposizioni: non c’è solo Sterling ma anche Saka, Foden, Sancho, Grealish. E poi ovviamente Harry Kane. Molti ne elogiano la capacità di andarsi a prendere il pallone e giocare con la squadra. Come in occasione dell’imbucata nel gol del pareggio contro la Danimarca. Sì, certo, bravissimo anche in quello, ma è in mezzo all’area che è fortissimo, un cecchino e io da tecnico lo terrei sempre lì, perché sa essere devastante. In mezzo al campo hanno due centrocampisti molto fisici come Rice e Phillips, giocatori di gamba che danno equilibrio, però verticalizzano poco, cercando spesso il passaggio più semplice. Un loro punto debole? Se la difesa viene pressata nella costruzione da dietro sono meno bravi della Spagna a eludere il pressing avversario. Però se vai a prenderli con una pressione ultra offensiva poi, se ne escono, bisogna stare attenti alle loro frecce davanti. E si torna al discorso del saper leggere i momenti durante la partita da parte dei calciatori.

Effetto Wembley

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L’Inghilterra aspetta questa partita da una vita. Non hanno mai vinto gli Europei e l’unico trionfo ai Mondiali è datato 1966. L’aiuto di Wembley può essere una spinta enorme ma anche una zavorra, perché i calciatori potrebbero sentire la pressione. Quando sono andati in svantaggio con la Danimarca hanno mostrato un po’ di difficoltà a livello emotivo, così come all’inizio del secondo tempo supplementare per la paura che l’obiettivo a portata di mano potesse svanire. Noi avremo meno tifo sugli spalti, ma più esperienza di loro in campo. Sappiamo cosa significa disputare le finali. E sappiamo anche come si vincono.

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