Bologna, intervista esclusiva a Barrow: "Mi chiamo Musa, non ho paura"

Barrow arriva in ritardo all’appuntamento delle 14. L’allenamento è finito da un pezzo, la mensa è vuota. Il mistero lo svela il team manager: «Musa è in preghiera». Quando compare in sala stampa, ha gli occhi che spuntano appena dalla visiera del berretto.

Che succede, Musa? Il tassista che mi portava qui mi ha chiesto: che viene a fare a Casteldebole? Vado a intervistare Barrow, gli ho detto. Mi fa: fortissimo, ma quest’anno non ci siamo. Ha torto?

«Quest’anno non è finito. Posso ancora andare in doppia cifra. Ho fatto cinque gol, l’anno scorso nove. Ho dodici partite per arrivare a dieci».

Mihajlovic dice che saresti una prima punta, se lo volessi.

«Lui crede nel mio talento».

Vorrebbe che tu avessi più dimestichezza spalle alla porta.

«Lui dice: devi sentire il difensore. Se non senti il difensore, ti porta via la palla. Ci sto provando».

Ma ti piace?

«Ho iniziato mezzala, poi esterno. Mi chiamo Musa».

Che vuol dire?

«Uno che non ha paura».

Il tuo agente, Luigi Sorrentino, mi ha detto che vuoi portare qui tua madre.

«Con questa pandemia, è meglio che sta qua. Se arriva il lockdown, come faccio a tornare in Gambia

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