Zhang, i creditori e il nuovo fronte Usa per l’Inter

Il colosso bancario China Construction Bank (CCBA) non intende fermarsi all’Italia nella caccia ai beni di Steven Zhang. Dopo avere tentato di ottenere dall’Inter il pagamento dei compensi da amministratore a cui il presidente aveva rinunciato, estende ora la ricerca agli USA. Il portale di informazione online Asia Sentinel riferisce, infatti, di una richiesta formale di informazioni a Goldman Sachs e Oaktree Capital (istituzioni finanziarie che hanno avuto rapporti con Zhang) finalizzate a individuare beni riconducibili al presidente nerazzurro. «Zhang mostra di possedere un’immensa ricchezza sui social dove posta foto di almeno tre lussuose automobili da oltre 8 milioni e orologi per 1,5 milioni» recita la memoria depositata alla corte distrettuale di New York il 19 gennaio scorso. «Inoltre Zhang conduce i propri affari senza beni intestati a suo nome, per sviare i creditori, a dispetto dello sfoggio di ricchezza che ostenta».

Debito in crescita

Sei mesi fa, il tribunale di Hong Kong riconobbe Zhang personalmente debitore di 255 milioni di dollari verso CCBA per l’insolvenza di una società a lui riconducibile. Durante il dibattimento, il presidente dell’Inter aveva tentato di disconoscere le firme apposte sul contratto ma una perizia grafica lo aveva sconfessato. CCBA tenterà di farlo condannare anche per oltraggio alla corte. Il 13 marzo a Hong Kong ci sarà l’udienza di ricognizione dei debiti di Steven il cui debito verso la banca ha intanto superato i 300 milioni. I media cinesi pongono l’esposizione finanziaria di Zhang verso le banche in relazione diretta con l’acquisto dell’Inter. Già nel 2017 la rete televisiva CCTV (definita “la voce del governo”) aveva criticato Suning per l’acquisizione definita «irrazionale e finanziariamente pericolosa» stigmatizzando i gruppi cinesi che si avventuravano in un business rischioso come il calcio accedendo alla finanza internazionale mentre l’esposizione domestica raggiungeva livelli di guardia. Nonostante gli scricchiolii, l’avvento di Suning era sempre stato presentato come una dimostrazione della potenza cinese che metteva le mani su asset calcistici occidentali nel tentativo di sostenere il progetto-Mondiali in Cina. L’establishment cinese non avrebbe mai gradito queste incursioni all’estero e la successiva evoluzione sembra confermarlo a posteriori.

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Il rischio default

Specificamente la vicenda odierna discende da un prestito ottenuto nel 2020 dalla società Great Matrix (posseduta da Zhang) per il rifinanziamento del debito acceso nel 2019 per acquistare il 65% di una catena di negozi in Cina. Un’operazione da 109 milioni. Nel 2021, il mancato rimborso di parte del prestito innescò una catena di default: Suning.com finì insolvente per 1,7 miliardi e altre due società collegate (Suning Appliance e Suning Zhiye Group) subirono eventi di default, con responsabilità personale del patron cinese Zhang Jindong che perse, in quella occasione, il controllo della società operativa del gruppo. Il dubbio legittimo, ora che la caccia dei creditori è approdata negli USA, è come potrà Zhang rifinanziare il debito verso Oaktree in scadenza nel 2024 se non dovesse riuscire nell’intento di cedere l’Inter.


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