Ventura: “Italia, prosegui con Mancini. Ma io rimasi solo e unico colpevole”

Gian Piero Ventura si racconta al Corriere della Sera e analizza il flop dell’Italia che ha mancato la qualificazione al Mondiale in Qatar. Si tratta del secondo torneo iridato saltato per gli Azzurri dopo quello non raggiunto con proprio l’ex CT alla guida.

RICORDI – “Se la partita con la Macedonia mi ha ricordato quella con la Svezia? Per certi versi sì. Ma il contesto era completamente diverso. Prima dei playoff la mia Nazionale era già contestata. Eppure io sono uscito con Svezia e Spagna, ma non mi piace fare comparazioni. Se poi penso a certe immagini: per esempio Gravina a Palermo era vicino a Mancini, al suo allenatore, gli ha dato sostegno”, ha detto Ventura. E ancora: “Ho sorriso in questi giorni leggendo alcune dichiarazioni, qualche giornale: ‘Nel calcio può succedere’, ‘Caccia ai colpevoli’. Nel 2017 ce ne era solo uno. Trovai scorretto dovermi prendere tutte le colpe. Ma ormai l’ho superato, spero che l’Italia torni presto tra le migliori squadre del mondo”.

PROBLEMATICHE – “Se ci sono i presupposti per ripartire? Penso di sì, ci sono tutti i presupposti per riprendere il discorso interrotto a Palermo”. E sul calcio italiano: “Si è fermato un po’ sul piano delle idee, è meno divertente. C’è stato l’exploit di Gasperini con l’Atalanta, poi qualche anno fa il Napoli di Sarri. Per il resto non mi sembra che sia un momento esaltante. Abbiamo difficoltà a segnare e si criticano le punte, ma tra le prime sei squadre di serie A non c’è nessun attaccante italiano. Ci siamo giocati la qualificazione al Mondiale con giocatori naturalizzati, segno che qualcosa non va, è evidente. Ma ne discutiamo solo dopo un fallimento, tra una settimana saremo di nuovo concentrati su Juventus-Inter. Servono delle riforme concrete, non basta parlarne, e un rapporto diverso tra i club e la Nazionale: non può essere vista come un fastidio, dovrebbe essere il riferimento di tutto il sistema. E poi ci sono troppe partite, spesso i giocatori tornano stanchi o infortunati. È come un gatto che si morde la coda”.

PERSONALE – “Non voglio più allenare, ma il pallone è la mia vita. Sarei felice di portare la mia esperienza in qualche società. Era giusto che dedicassi un po’ di tempo alla mia famiglia, e l’ho fatto. Si dovesse creare un’opportunità sarei pronto, competitivo e determinato”. “Quando tornerò? Spero presto. Non cerco un contratto, non mi interessa, io ho bisogno di adrenalina, credo di poter essere ancora utile”.

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