Tiago Pinto dice tutto: l’esonero di Mourinho, De Rossi, Dybala e gli errori

Tiago Pinto: “Mourinho e quel giorno difficile. De Rossi? Sta facendo bene”

Ai microfoni di Sky Sport, Tiago Pinto ha dimostrato di non aver dimenticato i momenti che hanno preceduto l’esonero di José Mourinho, allenatore che ha radicalmente cambiato la mentalità dello spogliatoio della Roma: “È stato un giorno molto difficile per tutti. Io sono ancora giovane, non so se i direttori sportivi più anziani gestiscono in modo diverso. Io nel momento in cui si deve licenziare un allenatore sono morto, perché significa che anche io ho sbagliato qualcosa, prima di mettere fine ad un rapporto di due anni e mezzo”, ha detto Pinto. Al posto dello Special One, un simbolo come Daniele De Rossi, alla prima importante esperienza da allenatore. L’ex centrocampista della nazionale italiana sta sorprendendo per risultati, gestione e comunicazione, a tal punto da pensare ad una possibile riconferma sulla panchina del suo cuore: “Ovviamente Daniele sta facendo molto bene, – ha confermato Tiago Pinto – è una persona spettacolare. Mi ha sorpreso la consapevolezza che lui ha di quanto costa essere allenatore. Se mi ha chiesto di restare? Sì, noi abbiamo sempre avuto un buon rapporto, anche prima del suo arrivo”.

Il salvataggio di Mourinho dopo il Genoa

Alla domanda se Pinto ha salvato Mourinho dall’esonero dopo la debacle della Roma contro il Genoa (4-1 il 28 settembre scorso, n.d.r.), la risposta è questa: “Sono stato sempre un soldato, è normale che ci sia un po’ di casino nel rapporto tra direttore sportivo e allenatore durante il mercato, ma sono sempre stato vicino al progetto e alla società, anche se le idee talvota sono diverse. Ci sono cose che succedono durante la stagione, quando le cose non vanno bene vanno fatte delle valutazioni. Ho salvato io Mourinho? Tutte le decisioni prese sono state collettive, abbiamo anche vinto 3-4 partite di fila dopo quella partita“.

Gli acquisti, Dybala e Svilar

Poi Pinto parla degli acquisti a parametro zero fatti per la Roma: “Sono orgoglioso di aver preso tre giocatori a parametro zero che magari oggi potrebbero valere 100 milioni di euro: Svilar, N’Dicka e Aouar. Nonostante tutte le limitazioni che avevamo, e tante cose che magari ho sbagliato, oggi guardi la Roma e ci sono dei giocatori presi a parametro zero che hanno un valore sul mercato. Due ragazzi che vengono dal settore giovanile (Bove e Zalewski, n.d.r.) che hanno un valore di mercato e hanno giocato più di 100 partite con la Roma, poi hai grandi giocatori come Paulo, quelli che hanno rinnovato e quelli che siamo riusciti a non vendere. Sono andati via Ibanez e Zaniolo, ma ogni estate non abbiamo venduto il pezzo migliore. Ci sono Cristante, Mancini, Pellegrini ed El Shaarawy, abbiamo mantenuto il nucleo della squadra”. Poi gli viene chiesto se sia più orgoglioso dell’acquisto di Dybala o di quello del portiere Svilar: “Mi ha fatto molto felice prendere Dybala, però abbiamo preso tre giocatori a parametro zero che oggi valgono tanto, tipo Svilar. Tu li guardi e pensi che sia stato un buon lavoro, con tutte le difficoltà che abbiamo avuto, con le scelte che abbiamo fatto, oggi tu guardi la squadra e hai questi giocatori ha parametro zero che hanno valore sul mercato, giovani che hanno valore sul mercato, hai grandi giocatori come Dybala o giocatori che hai rinnovato molto forti, siamo riusciti a non vendere i giocatori più importanti a parte Ibanez e Zaniolo, ma non è che abbiamo sempre venduto il pezzo migliore, abbiamo Pellegrini, Cristante, El Shaarawy, Mancini che sono rimasti con noi. Sono stato felice quando abbiamo preso Dybala, poi non è che voglia essere egocentrico, ma sono molto felice per Svilar, per me è sempre un bambino. Lo conoscevo dai tempi del Benfica dal 2017, abbiamo fatto insieme il mio percorso al Benfica, poi è venuto con me a Roma, ha sofferto tanto ed è cresciuto tanto, sarà tra i migliori al mondo“.

Il ko con il Siviglia, no alla Lazio

L’ex dirigente della Roma poi racconta la bruciante sconfitta ai rigori nell’ultima finale di Europa League, contro il Siviglia: “Umanamente, le 72 ore successive alla finale sono state difficili. Noi siamo professionisti, ma viviamo comunque di emozioni. Pensi che non dovevi perderla, senti quel filo di ingiustizia e a volte emerge il peggio di noi stessi, la tristezza, l’amarezza, il conflitto, i casini. È stato forse il giorno più impattante a livello fisico della mia carriera. Eravamo morti perché eravamo convinti di poterla vincere e avevamo disputato un’ottima partita. Ma il calcio è così, la differenza tra vincere e perdere tante volte è un dettaglio. Poi chiaro, quella finale è diventata ancor più polemica per le decisioni arbitrali“. Poi, per il futuro, non esclude di poter accettare un incarico in un altro club italiano: “Sì, ovviamente non in ogni club, tipo la Lazio. Ho imparato tanto in Italia, ho avuto il piacere di imparare da grandi direttori sportivi come Ausilio, Massara, Rossi e Corvino. Non si sa mai, magari un giorno tornerò a lavorare in Italia“.

Gli errori nella Roma

Pinto parla poi dei propri errori da direttore generale della Roma: “Ci sono stati acquisti che non hanno reso, tipo Shomurodov. Non vedo il mercato come una competizione, penso che una società che ha un direttore, un dipartimento medico, uno staff medico, aiuta i giocatori. Secondo me il mercato rappresenta il 20-30% della squadra, il 70-80% è il quotidiano. Ci sono stati acquisti che non sono andati bene, altri che magari non sono stati spettacolari in un certo momento, tipo Rui Patricio oggi viene criticato, ma ci ha fatto vincere la Conference League. Come direttori sportivi, non dobbiamo perdere due volte: quando prendi un giocatore che vale qualcosa per la tua squadra anche a livello economico. Se un giocatore non va bene in campo, non devo far perdere alla società quello che ha investito. Tipo Vina, non è andato come ci aspettavamo, però economicamente non ci abbiamo perso quando lo abbiamo ceduto. Non devo far perdere due volte la mia società. Dovevo gestire diversamente alcune cose, in un determinato momento magari dovevo fermarmi, avrei dovuto allo stesso tempo ridurre il monte ingaggi, prendere grandi giocatori, vincere, stare in pari in con il settlement agreement, ma la nostra ambizione era così grande che ci ho provato”. L’ultima domanda è su come Pinto vorrebbe essere ricordato dai tifosi della Roma: “Come un direttore che ci ha sempre messo la faccia, ma è importante il rapporto con le persone con cui ho lavorato. Ho trovato una famiglia, persone che lavorano tanto come fisioterapisti, la parte femminile, l’ufficio stampa, tutti lavorano con passione per il club e vorrei essere ricordato come una persona giusta”.


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