Superlega, l’ostacolo vero resta l’Inghilterra

La sentenza del tribunale di Madrid segna certamente un punto a favore della Superlega perché scherma i club promotori da ogni possibile ritorsione (anche preventiva) da parte dell’Uefa. Questa non potrà minacciare esclusioni dalle coppe a chi vorrà aderire ma non potrà neppure ostacolare – direttamente o indirettamente – l’organizzazione di un torneo alternativo. Non è una decisione inedita perché già nei giorni successivi l’annuncio del nuovo torneo, lo stesso tribunale si era già pronunciato a favore della Superlega in nome di una competenza territoriale legata al fatto che in Spagna ha sede legale la società promotrice, oggi chiamata A22 Sports Management. Se la sentenza consentirà all’azienda e al suo Ceo, Bernd Reichart, maggiore libertà di azione nella promozione della Superlega tenendo Juventus, Real Madrid e Barcellona indenni dagli strali di Ceferin, l’ultima parola su questa vicenda spetterà comunque alla Corte di Giustizia Ue di cui si attende il responso fra tre mesi. Dalla nomina di Reichart è cambiato non solo il nome della società promotrice ma tutto l’approccio comunicativo, oggi molto orientato al dialogo e alla condivisione. Perfino il linguaggio, perché il nome Superlega non viene quasi più usato in nessuna delle comunicazioni pubbliche.

Superlega, clamorosa sentenza del tribunale di Madrid

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Superlega, clamorosa sentenza del tribunale di Madrid

Aspettando la Corte di Giustizia Ue

Da tempo, ormai, il proposito è quello di dialogare con tutte i partecipanti dell’ecosistema-calcio (tifosi, club, giocatori, tecnici, leghe nazionali, federazioni, regolatori) sullo stato del gioco e sul futuro dell’industria, con l’obiettivo dichiarato di sfruttare tutto il potenziale del calcio e di non limitarne la capacità di attrazione. Ciò significa, naturalmente, disegnare un modo nuovo di strutturare i tornei internazionali: nuove formule e un diverso modello di ripartizione delle risorse che resta il cuore del problema. Quanto si tentò di ottenere in dura contrapposizione con l’Uefa si prova ora a imbastire gettando ponti e alzando l’attenzione sui nodi che potrebbero ridurre il seguito di cui gode questo sport. Naturalmente, se la Corte di Giustizia riaffermerà il ruolo dell’Uefa, stabilendo che il suo monopolio non viola le norme competitive UE ma resta giustificato dalla tutela degli interessi sportivi, la sentenza odierna ne uscirebbe fortemente depotenziata mentre, nel caso in cui il massimo organo giurisdizionale dell’Unione sancisse l’abuso di posizione dominante dell’associazione, Madrid diventerebbe il centro da cui irradiare nuove clamorose iniziative a cui molti club potrebbero associarsi senza subire esclusioni punitive dalle competizioni gestite dall’Uefa.

L'Uefa alla Juve: "Basta con la Superlega"

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L’Uefa alla Juve: “Basta con la Superlega”

Le resistenze inglesi

Il nodo sarà ovviamente politico nel senso del consenso che bisognerà formare attorno all’iniziativa. La formula con cui fu lanciata la Superlega, nell’aprile 2021, incontrò la ferma opposizione di tutti i club esclusi (cosa che parve allora comprensibile) ma fu abbattuta soprattutto dalla moral suasion con cui i governi europei convinsero nove dei dodici club che vi avevano aderito a rinunciarvi. Soprattutto il governo britannico, allora guidato da Boris Johnson, cavalcò un sentimento popolare contrario al tradimento degli ideali del calcio per difendere in realtà il primato globale della Premier League. Oggi gli inglesi hanno in mano il torneo più ricco al mondo e difficilmente accetteranno di depotenziarlo per favorire la nascita di un nuovo soggetto, dal momento che riescono a rastrellare ricavi sia dal mercato domestico che da Champions e Europa League, grazie al dominio tecnico che la ricchezza dei loro bilanci garantisce. Potrà mai nascere una Superlega senza club inglesi? Molto difficile. Più importante verificare a quali condizioni potrebbero eventualmente aderirvi, qualora ve ne fossero le condizioni.

Superlega, le parole di Agnelli nei giorni dello strappo

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