Napoli, tifo ritrovato e 80 milioni

NAPOLI – È stato (amaramente) bello, perché l’eco della Champions ha riempito notti insospettabili: ma ora ch’è finita e non c’è verso di starsene a vibrare in quello stadio rimesso a nuovo nelle sue atmosfere, ciò che resta mica è semplicemente l’amarezza di non capirne il perché abbiano sgonfiato il pallone! Dal Liverpool a Milan, in questi duecento ventitré (223, hai visto mai?) tra i sogni e l’incubo, c’è dentro un calcio osè, un’immagine travolgente, l’autorevolezza di quel Napoli che Luciano Spalletti ha reso meraviglioso, la capacità di dimostrare che i Progetti esistono, non sono sostantivi vuoti lanciati nel tempio della retorica, e vogliono club audaci per sostenerli. C’è vita nel calcio, pure attraverso scelte forti e coraggiose, rivoluzioni silenziose che dolcemente diventano uno spartiacque, rinnovamenti secchi, cessioni eccellenti e acquisti da visionario, come ha fatto Giuntoli, una specie di guru adesso, sul mercato che il Napoli ha messo sottosopra, appena a giugno scorso, vendendo il meglio – l’argenteria di famiglia – e comunque poi aprendo una gioielleria con vista sul Continente. 

Il cuore

La Champions League è una amabile carezza sull’anima, comunque un Mondo a sé, una travolgente sensazione di felicità che s’avverte ovunque e che il Maradona ha (finalmente) esaltato, dopo aver buttato via il peggio di sé ed essersi calato nella parte che spetta al tifoso: i 54.726 che applaudono, alla fine, pur nel “dolore” per quell’1-1 rappresentano un passo avanti rispetto agli spettacoli avvilenti del recentissimo passato, rimuovono il veleno da Fuorigrotta, introducono in un orizzonte che sa di altro, di gioia da condividere, trentatré anni dopo, perché la Champions è scappata di mano ma uno scudetto, che sta lì e aspetta di essere meritatamente conquistato, sa d’impresa leggenadaria in questa Italia in cui hanno dominato sempre le stesse. 

Il business

E poi la Champions è benessere, mica bisogna vergognarsene, si trasforma in finanziamento per il futuro, salda le passività del passato – i due anni senza, con cento milioni virtuali volati via – e concede al Napoli poco meno di ottanta milioni per affogare le ansie del Covid e di stagioni andate a male.

La storia

Ma la Champions League di quest’anno, per il Napoli, diventa storia, porta un quarto di finale unico, rappresenta una esperienza inedita, scatena le sensazioni vissute sentendosi una delle otto regine d’Europa con quello spettacolo diffuso nel Vecchio Continente: quindici punti e primo posto nel girone, il 4-1 al Liverpool, la goleada all’Ajax in casa sua, la superiorità schiacciante con i Ranger, le lacrime di Simeone, lo show a Francoforte e poi al Maradona con l’Eintracht, dieci partite, due sole sconfitte, un pareggio e sette vittorie.

I santoni

E poi ci sono le risposte che avranno un senso, eccome, dando un’occhiata all’anno che verrà: lo spessore dei singoli, oltre a quello della squadra, la garanzia di essere già dentro questa favola che si chiama Champions e con un ruolo di lusso, prima fascia, la considerazione acquisita nei sette mesi, i complimenti di chiunque, dei “santoni” (con rispetto, sia chiaro) da Klopp a Guardiola, per quel calcio di respiro internazionale, per quella diversità assoluta, quasi un modello da osservare con assoluta ammirazione, sul quale insistere, dando forma a ciò che viene definito un ciclo. Ma sì ch’è stato bello, con la benedizione di De Coubertin! 

Napoli, la lettera commovente di Kvaratskhelia

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Napoli, la lettera commovente di Kvaratskhelia

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