Napoli, sarà due volte natale: la squadra deve aspettare

Come la mette adesso il prefetto Claudio Palomba, il cui scudetto-day, imposto a tavolino e smentito sul campo, è costato l’inutile lavoro straordinario domenicale per centinaia di agenti, giunti al Maradona da ogni dove? Hanno pareggiato azzurri e granata, ha perso il pregiudizio, dimostrando una volta di più che Napoli è meno peggio di come la si racconta, che più imponderabile della lotta scudetto è solo il terremoto, e che la prevenzione in Italia tende a coincidere con la psicosi, che è potere della paura e sulla paura.  

La sequenza di Inter-Lazio e Napoli-Salernitana è per la città un viaggio sulle montagne russe delle emozioni, con una fermata imprevista prima dell’ultima discesa. Una metropoli apparecchiata alla festa come un’immensa tavola, imbandita di ogni diversa declinazione della gioia, si scopre nuda di fronte alla rasoiata convessa di Dia, che gela lo stadio dopo un tunnel su Osimhen. La delusione dismette il vociare gioioso della speranza e s’impossessa dei volti e degli animi nel mesto deflusso di una folla confusa da Fuorigrotta. Il colpo a salve del derby campano prolunga la vigilia, almeno fino a mercoledì, in una sospensione surreale, con un carico aggiuntivo di tensione emotiva per la squadra di Spalletti. Che contro la Salernitana non ha sfigurato, ma ha trovato nel cinque-quattro-uno di Sousa un fortino difficile da espugnare. C’è in queste partite di fine stagione lo spirito agguerrito delle provinciali che, con la salvezza, si giocano anzitutto il salario della massima serie. E c’è un’usura, mentale prima che atletica, di chi è andato in fuga per tutto il campionato. L’effetto di questi due fenomeni è quello che, per il Napoli, si può definire uno scolorire dello smalto, che si traduce in una perdita di incisività. Vuol dire palleggiare con consueta padronanza ed eleganza, ma affondare con meno convinzione, e rinunciare a tirare in qualche occasione. Per esempio con Zielinski, che pure potrebbe e dovrebbe mettere la sua maggiore esperienza al servizio del gruppo e che invece accusa, come è già accaduto, qualche sbandamento caratteriale. 

Delusione Napoli: Osimhen in lacrime, Spalletti incredulo

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Delusione Napoli: Osimhen in lacrime, Spalletti incredulo

Manca solo un punto

Sono inezie, che nulla tolgono alla bella prova del Napoli contro un avversario arroccato all’arma bianca in un catenaccio esteticamente inguardabile, che pure sarebbe stato insufficiente senza la superba prova di Ochoa tra i pali. Inezie che però raccontano e spiegano l’indugiare degli azzurri attorno a questo traguardo desiderato trentatré anni e meritato oltre ogni ragionevole dubbio. Per una squadra che ha collezionato venti cinque vittorie, quattro pareggi e solo tre sconfitte, il punto che manca dovrebbe essere poco più che un dettaglio. Senonché il suo valore matematico e simbolico ne fa un obiettivo psicologicamente oneroso. A Udine ci vorrà il Napoli dei giorni migliori, che finalizza gran parte di quello che crea, e nulla concede a un avversario agonisticamente ruvido.

Serve un sussulto di testa e di cuore, e forse qualche avvicendamento: la compresenza di Ndombele e Anguissa, al fianco di Lobotka, positivamente testata a Torino, potrebbe rivelarsi preziosa. Il resto è nel repertorio della magnifica coppia d’assi, ieri a digiuno: tanto Kvara quanto Osimhen ci hanno provato, ma è difficile dire se l’esito avverso dei loro tentativi sia ascrivibile unicamente alla giornata di grazia del portiere granata e non anche a un pizzico di indeterminatezza dei due attaccanti. Il “fatto” impronunciabile, eppur presente 24 ore su 24 nella mente dei napoletani, è per entrambi un fardello di responsabilità che pesa. Per scrollarselo di dosso servirebbe, più che l’orgoglio, la leggerezza, una virtù rara in questa vigilia che da ieri pomeriggio sembra fastidiosamente interminabile. 

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