Mourinho, Ancelotti e l'emozione dei grandi vecchi che non mollano mai

Quando, a Dazn, gli chiedono di Stankovic, Xabi Alonso o Thiago Motta, tutti suoi allievi che ora fanno gli allenatori, José Mourinho si emoziona. Parla del tempo che passa, di loro che crescono, così come i suoi figli, e di lui che invecchia. Ma che, al tempo stesso, ha ancora voglia di stare lì, in prima fila, in tuta, ad allenare. A sorridere beffardo con Orsato, a polemizzare con Dazn quando, neanche il tempo di arrivare, chiede se il fallo di Palomino su Dybala è stato fatto vedere come quello di oggi di Camara. Non solo lui: Mou dice che anche il suo amico Ancelotti è così e non è un nome a caso. Perché Carlo mercoledì e José giovedì si giocano, ancora una volta, la possibilità di centrare l’ennesima finale di una carriera, comunque vada, straordinaria.

Dopo Bologna, Mourinho è sempre più la Roma

Ancelotti va in quell’inferno che è la casa del Manchester City, contro quella che sembra essere, e probabilmente è, la squadra più forte del mondo; Mourinho, e la sua Roma zeppa di infortunati, a cui ora si è aggiunto anche Celik, vanno invece in casa del Leverkusen. Partono dall’1-0 dell’andata, che è un tesoro prezioso, ma sanno perfettamente che la finale di Budapest va conquistata con le unghie e con i denti. Non conta l’età, lo sa bene Mourinho e lo sa bene Ancelotti ma, soprattutto, lo sanno bene i tifosi di Roma e Real Madrid. Se, però, gli spagnoli, oltre che al loro gigantesco allenatore, si possono attaccare a una squadra zeppa di campioni, i romanisti si aggrappano, con tutte le forze, a Mourinho. José, adesso più che mai, è la Roma.


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