Milan, il traguardo di Pioli: 800 panchine in carriera

MILANO – Ottocento panchine in carriera hanno un doppio significato: l’allenatore è bravo, ma non è più un ragazzino. Scelga Pioli il senso che gli piace di più (scelta facile…), perché è lui che domani sera, contro l’Atalanta, tocca un traguardo che molti suoi colleghi vorrebbero raggiungere. Ottocento panchine più una, dovremmo dire, visto che appena lunedì scorso ha vinto quella d’oro a Coverciano. Quindi, anche la festa è doppia. E potrebbe diventare tripla se si aggiungesse la vittoria sull’Atalanta, la quarta di fila dopo quelle con Torino e Monza in campionato e col Tottenham in Champions. È di nuovo il momento di Stefano Pioli, che non si è perso durante la bufera, ma ha mantenuto la barra dritta, seguendo le sue idee, il suo fiuto, le sue conoscenze maturate durante queste straordinarie 800 panchine. Non era facile risollevare il Milan, per riuscirci è ripartito dalle fondamenta. Ha ricostruito la difesa e sulla difesa si è ricostruita la squadra.

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La storia

Tutto ebbe inizio in una afosa domenica di Salerno, il 17 agosto 2003, vent’anni fa. Pioli era l’allenatore della Salernitana che in quella stagione doveva giocare il campionato di Serie C, ma per l’effetto del caso-Catania venne ripescata in B. Salernitana-Napoli, prima giornata di Coppa Italia, risultato finale 0-0. Titolo a nove colonne del Corriere dello Sport-Stadio: “Botticella blocca il Napoli”. Botticella è stato il primo portiere professionista di Pioli, è a lui che deve il primo punto della sua carriera. Quel giorno all’Arechi c’era tutta la famiglia Pioli, Stefano era emozionatissimo, stava iniziando una storia che allora non poteva immaginare così ricca. Tanto per dire, aveva ancora un po’ di capelli in testa… A Salerno lo aveva voluto il presidente Aliberti che lo aveva seguito quando allenava le giovanili del Bologna. E a Bologna, quattro anni prima, ce l’aveva portato Oreste Cinquini: «Lo avevo conosciuto come giocatore quando ero direttore sportivo della Fiorentina e una volta a Bologna l’ho voluto con me. Stefano ha conquistato il titolo nazionale Allievi nel 2001, vincemmo la finale contro la Roma. E proprio mentre stavo per lasciare il Parma, riuscii a portarlo anche lì». Poi il salto a Salerno, a quella domenica di un caldo infernale. Franco Esposito, inviato di questo giornale, scrisse che “nel primo tempo non si è vista la differenza di categoria fra le due squadre” e che “la Salernitana ha giocato senza remore né paure”. Primo voto in pagella per Pioli: 6,5. Da allora sono 440 panchine di Serie A, 250 di Serie B, 55 di Coppa Italia, 48 di Coppe europee, 6 fra Supercoppe e play-off. Col Milan è già a 168 partite, col Bologna aveva sfiorato le 100 (97 per l’esattezza), 91 con la Lazio e poi, in ordine di presenze, Modena (87), Fiorentina (74), Salernitana (51), Sassuolo (47), Piacenza (43), Chievo (41), Grosseto (39), Parma (32), Inter (27) e Palermo (2: Zamparini…). Non gli è sempre andata bene, prima di arrivare allo scudetto della stagione scorsa col Milan ha sopportato qualche esonero e si è dimesso con strascico di polemiche, come accadde a Firenze.

Questione di stile

Ma anche se dovesse vincere altri scudetti, altre coppe e arrivare a 1.000 panchine, quando a fine carriera si parlerà di Stefano Pioli ci dovremo soffermare sullo stile, sul tratto umano, sulla persona prima che sul professionista. Nei giorni successivi alla scomparsa di Davide Astori, fu un gigante nello spogliatoio della Fiorentina e davanti a tutta Firenze. È impossibile non provare almeno un sottile piacere quando nella vita di questo ragazzo ormai vicino ai 60 arriva anche un successo. 800 panchine, più una (d’oro), lo sono già.


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