La Superlega è una festa per ricchi, ma lo sport è un’altra cosa

Soldi, business e (non) merito sportivo. Ecco perché quel sistema è così impopolare

Alessandro Vocalelli

24 dicembre 2023 (modifica alle 13:09) – MILANO

Cos’è che ci ha appassionato anche di questa giornata di campionato? La voglia, l’entusiasmo della Salernitana, che ha fatto paura e fermato il Milan. La grinta con cui, dopo aver stravinto a Napoli, il Frosinone ha tenuto testa alla Juve. E cos’è che ci rimane dei gironi di Champions? La sorpresa del Copenaghen, capace di eliminare il Manchester United, dopo averlo battuto per 4-3. Momenti di calcio vero: quelli che, come è successo tante volte, ci fanno pensare che nulla è scontato. Certo, esisteranno sempre le Grandi, ma niente e nessuno potrà impedire il confronto con chi non ha le stesse disponibilità. E, soprattutto, non è detto che ci sia spazio soltanto per i più forti e i più ricchi. Ma i protagonisti – ed è l’essenza di qualsiasi sport – possono essere semplicemente e solennemente i più bravi. 

dove sta l’errore

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È da qui, dalle emozioni che il calcio regala ogni giorno, che bisogna partire per capire cos’è che non va nella Superlega, con il destino e le radici nel nome. Come se davvero ci fosse o ci debba essere qualcosa di “superiore” – in questo caso nel budget – per poter essere ammessi al circolo privato di chi ti giudica esclusivamente dalle tue potenzialità finanziaria. Così, come abbiamo detto, il Copenaghen – che pure ha vinto 15 titoli nazionali – come potrebbe mai aspirare ad essere ammesso a giocare contro il Manchester? Hojlund è costato agli inglesi quanto il valore del club danese. Con la Superlega, chissà, se ci sarebbe mai un confronto del genere. Perché in apparenza – ma neppure tanto – il progetto prevede un ricambio. Un paio di retrocessioni e promozioni, su 64 partecipanti, divise in tre fasce: Star, Gold e Blue. Ecco, ad esempio, come si decide – domanda retorica… – chi parte dal primo gradino? Insomma, un ritorno all’antico, dove pochi – i più ricchi – sono e si mettono su un piedistallo, alla faccia del concetto di merito. Che, è banale dirlo, è invece alla base della competizione sportiva. Che permette a chi ha intuito, idee – nelle scelte ed in campo – di battere chi ha il portafogli più gonfio. 

monopolio

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Singolare che si discuta il monopolio delle istituzioni e nello stesso tempo siano i club più ricchi e potenti ad imporre – con la loro presenza praticamente garantita – lo stesso monopolio. Sarà per questo che, dalla base – da molti club e dai calciatori sia già arrivata – la prima e netta risposta contraria. Perché a nessuno – e mettiamoci anche gli arbitri – può far piacere questo strano concetto di calcio, in cui i più ricchi organizzano la loro festa esclusiva. E non è un caso che il primo stop sia già arrivato da chi davvero rappresenta la volontà popolare e il motore di tutto: i tifosi. Perché di Super, in loro, c’è solo la voglia di vedere, ogni volta, in ogni partita, chi davvero è più bravo. “Ce la siamo meritata”, abbiamo sentito anche ieri ripetere: cosa c’è di più bello e più trasgressivo – visto il momento – di queste quattro parole?

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