Juve, le tre "vergogne" e il giudizio pesante sul non gioco della squadra

Se è vero, ed è vero, che le parole possono far male come, se non più delle pietre, ecco che la scelta di utilizzarne alcune, particolarmente pesanti e appuntite, non può essere ovviamente casuale. Anzi. Capita quando c’è la volontà precisa di evidenziare una situazione che non può scorrere via come l’acqua di fonte. E allora non si può non notare che in questa travagliatissima annata bianconera la Juventus, intesa come squadra e nello specifico come squadra che non riesce ad esprimersi all’altezza del proprio potenziale, per ben tre volte è stata abbinata al termine vergogna. Abbinamento avvenuto all’interno del perimetro bianconero, ovvero per voce di chi la Juve la viva in prima persona anche se con declinazioni e ruoli differenti.

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Agnelli dopo Maccabi-Juventus

Ma prima di focalizzarci sui tre soggetti, meglio un “ripassino” sul significato del termine “vergogna” rileggendo cosa dice la fonte più autorevole, ovvero l’enciclopedia Treccani: 1 Sentimento più o meno profondo di turbamento e di disagio suscitato dalla coscienza o dal timore della riprovazione e della condanna (morale o sociale) di altri per un’azione, un comportamento o una situazione, che siano o possano essere oggetto di un giudizio sfavorevole, di disprezzo o di discredito. 2Fatto o situazione che costituisce o che reca disonore e discredito, e il disonore stesso o discredito che ne è la conseguenza. Dunque, come avevamo spiegato nell’incipit, quando si tira in ballo il termine vergogna, significa che il vaso è colmo, che c’è la volontà precisa di mettere un punto a rappresentare un nuovo limite, indesiderato peraltro, da non oltrepassare più. In primis, l’11 ottobre, fu Andrea Agnelli, in Israele, sul campo dell’Haifa dopo la sconfitta in Champions League con il Maccabi, a parlare di vergogna per la prestazione appena offerta ai tifosi, di fatto già orfani del sogno della coppa dalle grandi orecchie alla quarta partita del girone.

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