Italia, rigore è quando Jorginho sbaglia

A giugno ne hanno presi sette dagli inglesi, ieri tre in un tempo dai nostri e cinque alla fine, e abbiamo perfino sbagliato un rigore con Jorginho che ha voluto dimostrarci che lui i rigori li sa battere, eccome se li sa battere, solo che lo scavetto l’ha fatto nel terreno. Ecco, se penso che questi macedoni ci han tolto la possibilità di spareggiare col Portogallo per il posto in Qatar, avverto un principio di orticaria da stress. Comincio a grattarmi ferocemente ascoltando quelli che in tv lo abbracciano a distanza, apprezzandone il coraggio: sono gli stessi che a marzo ’22, per frustrazione, lo avrebbero preso a calci nel culo. Ma tant’è.

Faccio pace col mondo soltanto se ricordo le parole della vigilia quando abbiamo dato il benvenuto a casa Allegri (anche) a Luciano Spalletti. Ospite inatteso, ma graditissimo. «Vincere, non importa come», aveva detto. Spalletti, capite? L’allenatore che fino a pochi mesi fa ci ha mostrato il più bel calcio vincente degli ultimi anni. Lo stesso che il 12 gennaio, a poche ore da Juve-Napoli, precisò: «Allegri sposa il motto juventino che dice “vincere non è importante ma l’unica cosa che conta”. A Napoli è anema e core, c’è stato Maradona e quando si è vinto qui è emersa quanta bellezza c’è nel calcio e noi ci portiamo quella bellezza. Andiamo a giocare le partite ricordando il calcio di Maradona che ha vinto e provando a riproporlo». 
Luciano non è stato il solo a entrare nella casa del Grande Fratello juventino. Un giornalista che stimo e che, pur occupandosi d’altro, si concede numerose incursioni nel calcio, il romanista Fabrizio Roncone, ha scritto: «E così siamo al punto: forse, stasera, Spalletti dovrebbe rinunciare un po’ a se stesso. I suoi azzurri non devono vergognarsi di essere tremendamente banali. L’uomo che si eccita a inventare calcio, tipo Totti falso nove, oppure Perrotta assaltatore, Brozovic playmaker e Lobotka calamita vivente, il progettista di visionarie difese «rotanti» a tre e mezzo, deve dare ai suoi un unico, volgare piano di gioco: buttarla dentro». A casa Allegri si fa con quel che si ha: quando il materiale tecnico non è il massimo, ci si arrangia, si va poco per il sottile. Quindi, bravo Luciano, ora totalmente ct. Peccato non sapere che “vincere non importa come” è l’inizio della storia del calcio. Da Viani, da Frossi, da Rocco è disceso altro verbo, finché non è apparso Manlio Scopigno a mescolare le carte e a preparare un futuro per Sacchi. E per Spalletti. Eppoi, volgare il calcio? Quando mai. È volgare provare a vincere la partita dando tutto sé stessi senza badare troppo allo spettacolo? Perché, l’ultimo Europeo come l’abbiamo vinto? Mostrando il più bel gioco del Continente? Direi proprio di no.  

La volgarità è altro, è raccontare le favole, è non considerare l’effettivo valore dei giocatori e giudicare a capocchia, è celebrare un’estetica che appartiene ai piedi e alla testa dei campioni, quelli realmente capaci di trasferire sul campo le idee dei loro allenatori. Oggi è volgare forse perché per gli esteti non è politicamente corretto portare a casa punti “sporchi”. E tutto finisce in fastidiosa Allegria. Lo spagnolo Joan Fuster, in “Judicis Finals”, Giudizi finali, sentenziò: «Perché una cosa riesca a emozionarci è necessario che abbia in sé qualcosa di volgare». Impossibile dargli torto.

Jorginho sbaglia di nuovo un rigore: i tifosi dell'Italia scatenati sui social

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Jorginho sbaglia di nuovo un rigore: i tifosi dell’Italia scatenati sui social

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