City e Chelsea per la Champions, duello di cervelli tra Pep e Tuchel

La finale stasera alle 21 a Porto. Il catalano è sempre condannato a vincere: “So già cosa fare, ma dovremo soffrire”. L’allievo tedesco k.o. nel 2020 con il Psg: “Loro più forti ma ho fiducia”

Dal nostro corrispondente Stefano Boldrini

29 maggio – Londra

Dalla tovaglia spiegazzata di un tavolo del ristorante Schumann in un giorno d’inverno del 2015 a Monaco di Baviera al tepore dello stadio Dragao di Porto, stasera: Pep Guardiola e Thomas Tuchel, ancora loro, sono pronti a muovere le pedine dello scacchiere. Allora, sei anni fa, il giovanissimo tecnico tedesco, in corsa per guidare il Borussia Dortmund, volle confrontarsi su alcuni aspetti del calcio studiato dal vivo nel 2009 a Barcellona, ospite speciale di Pep. Raccontano i testimoni che quella tovaglia diventò un immaginario campo di gioco, sul quale i due manager, che stasera si contenderanno la vetta d’Europa, disegnarono schemi e posizioni. Oggi, forse i due ripenseranno a quella serata. Forse. Perché poi la tensione di una finale Champions divora le menti, cancella i ricordi, rende nemici anche i migliori amici o, nel caso, quelli che sono considerati gli allievi più promettenti (disse così una volta Pep a proposito di Thomas).

Qui City

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Guardiola è condannato a vincere: dal 2016, dall’approdo al Manchester City, era questa la sua missione dichiarata. Consegnare la Champions – la terza personale dopo quelle conquistate con il Barcellona nel 2009 e nel 2011 -, a un club costretto per decenni a assistere ai trionfi dello United di Alex Ferguson, sprofondando persino in Terza serie. Poi, con l’avvento dello sceicco Mansour nel 2008, la svolta. Con Roberto Mancini, nel 2011, i primi successi che liberarono il City dal suo incubo. Dieci anni dopo, a un passo dal cielo, Guardiola racconta: “E’ una cosa incredibile essere qui. So esattamente che cosa dirò ai calciatori, come vogliamo giocare, le cose da fare e quelle da non fare. Bisogna essere disposti a soffrire, a resistere e superare i momenti difficili. Il mio desiderio sarebbe quello di mandare in campo tutti, perché tutti hanno lavorato per arrivare qui. Dovrò escludere molti calciatori e questo è terribile. E’ l’aspetto peggiore del nostro lavoro”.

Qui Chelsea

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Thomas Tuchel, terzo manager a guidare il Chelsea nella finale di Champions e anche come i predecessori, Grant e Di Matteo, subentrato in corsa, cerca la rivincita personale dopo il k.o. con il suo Psg, contro il Bayern Monaco nell’agosto 2020 a Lisbona: “Ho piena fiducia nella mia squadra. Il calcio è anche fame e ambizioni. I segnali di questa settimana sono stati positivi. Il City in questo momento è forse la squadra più forte d’Europa, ma noi abbiamo dimostrato di aver ridotto il gap, prima nella semifinale di F.A. Cup, poi in campionato. I rigori? Non è una bella soluzione, ma noi siamo pronti a affrontarla”.

Copioni

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Le due squadre seguono copioni simili: possesso, ripartenze, velocità. Il City è superiore nel pressing e nella rapidità della circolazione del pallone. Il Chelsea quando contrattacca è micidiale. In campo una parata di fuoriclasse: Foden, Mahrez, Dias, Mount, Kanté. De Bruyne è lo spartiacque: incompreso al Chelsea, fenomeno al City. C’è anche un italiano: Jorginho. Dopo i fallimenti dei nostri club, questo passa il convento.

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