Zoff, portiere come il Papa: “Noi, unici…”. La gratitudine del rugby, tutti pazzi per Francesco

Il numero uno del Mondiale ’82 ha scoperto di avere qualcosa in comune con il Santo Padre: “Chi gioca tra i pali ha qualcosa di unico”. Il presidente della Federugby Gavazzi: “A nome di tutto il movimento gli sono grato per aver testimoniato l’essenza del nostro Gioco”

La lunga intervista realizzata dal nostro giornale a Papa Francesco, in cui il pontefice per la prima volta ha detto tutto sul suo rapporto con lo sport, sta scatenando diverse reazioni.

Zoff, Marchegiani e i portieri

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Dalle sue parole scopriamo infatti che Jorge da bambino veniva utilizzato soprattutto in porta perché era un “pata dura”, non proprio un fenomeno con i piedi, diciamo così, aggiungendo però che quel ruolo “è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte”. Un pensiero che è piaciuto al grande Dino Zoff: “Quello del portiere è un ruolo di responsabilità, di concretezza, di prevenzione, un qualcosa a parte rispetto agli altri calciatori: devono lottare contro tutti e con se stessi. I portieri non sono degli artisti e non ‘creano’, sono semmai giocatori che devono tamponare le giocate degli attaccanti avversari, in generale sono più uomini di sport mentre per altri la preponderanza è quella dello spettacolo. Diciamo che resta un ruolo di solitudine, un ruolo a parte”. Ne ha parlato anche un altro grande ex portiere, Luca Marchegiani: “Il tratto distintivo del portiere credo sia il senso di responsabilità che si sente. Poi ci sono aspetti come la solitudine, specialmente in passato più che adesso, è un atleta diverso rispetto agli altri e non solo per il fatto che gioca anche con le mani, ma per l’approccio alla partita. Credo siano queste un po’ le cose che fanno del portiere un ruolo un po’ speciale rispetto agli altri compagni”.

La gioia della Federugby

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Il Santo Padre ha anche parlato bene del rugby, “mi sta molto simpatico: pure essendo uno sport da duri, non è mai violento. La lealtà e il rispetto che ci sono in questo sport spesso vengono presi come un modello di comportamento. Penso al terzo tempo dopo la partita: tutti i giocatori si riuniscono anche solo per un saluto, una stretta di mano. È così che dovrebbe essere”. Parole che non possono che aver entusiasmato il presidente della Federugby Alfredo Gavazzi: ” Ricordo con profondo affetto l’incontro con Sua Santità del 2013 e a nome di tutto il movimento gli sono grato per aver testimoniato l’essenza del nostro Gioco e per le emozionanti parole che ha riservato al rugby nella sua intervista di oggi alla Gazzetta dello Sport”, ha twittato.

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