Zamorano esclusivo: “Io, l’Inter e lo scudetto rubato”

DOHA (QATAR)Ha gli occhi ancora iniettati di calcio, con la nostalgia di quelli che non si rassegnano al tempo che passa. A 55 anni Ivan Zamorano indossa la camicia e non più la camiseta ma si sente ancora un centravanti, prima che un commentatore televisivo: «È emozionante raccontare un Mondiale, è davvero pazzesco essere qui, ma io ne ho anche giocato uno…». Non è la stessa cosa, in effetti. Ma l’entusiasmo e il sorriso non sono cambiati rispetto all’edizione ’98, quando Ivan fu protagonista con il Cile raggiungendo gli ottavi di finale. Lo intercettiamo nel media center dello stadio Al Bayt prima di Spagna-Germania. Zamorano ha un block-notes davanti agli occhi, perché così come studiava i difensori da saltare oggi analizza gli eventi da osservare per una televisione americana: «Sto preparando la partita. Anzi facciamo presto, non vorrei distrarmi». Meticolosa applicazione sul lavoro. Non importa di cosa si tratti: è attitudine. 

Zamorano, non è un po’ dura essere qui senza il suo Cile e senza l’Italia?

«Sì, è dura. Però, il calcio è così. Ci sono dei momenti in cui non riesci a centrare gli obiettivi. Ma credo che il destino di entrambe le nazionali sia ricostruirsi attraverso le nuove generazioni. Ho grande fiducia. Sono sicuro che nel 2026 ci saremo, sia noi che voi». 
 
Nelle cinque stagioni trascorse all’Inter lei è rimasto nel cuore dei tifosi.

«Ma loro sono nel mio. All’Inter ho vissuto un’esperienza fantastica. Sono stati gli anni migliori della mia carriera. L’Inter è una squadra speciale in cui mi sono sempre riconosciuto per una questione di carattere: siamo entrambi grintosi, non molliamo mai». 
 
Impossibile sintetizzare in due parole tanti ricordi. Le chiedo di provarci.

«Mi vengono in mente molte cose. Intanto la storia dell’uno più otto sulla maglia, quella Coppa Uefa che abbiamo vinto a Parigi contro la Lazio, quello scudetto che ci hanno rubato nel 1998…». 

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Alt, è opportuno fermarci per spiegare. Quando l’Inter di Moratti comprò Ronaldo, si creò un inevitabile dualismo con il centravanti che già c’era: Zamorano appunto. Per questioni di brand, Ronaldo prese il primo anno la maglia numero 10 ma dopo l’estate chiese e ottenne la 9. Ivan, detto Bam Bam, inventò uno stratagemma per non mancare di rispetto a nessuno: scelse la 18 ma nel mezzo si fece disegnare un “più”, come se nell’addizione il risultato portasse sempre a 9. La 10 invece finì sulla schiena di Roberto Baggio, che era arrivato dal Bologna. Quanto alla storia dello scudetto contestato, beh, ogni interista ricorda le proteste per il famoso fallo di Mark Iuliano su Ronaldo nello scontro diretto con la Juventus, ignorato dall’arbitro Ceccarini. L’allenatore dell’Inter, Gigi Simoni, per una volta perse l’aplomb urlando ripetutamente «Vergogna» e venne espulso. Ma torniamo da Zamorano, che ha ancora qualcosa da raccontare. 
 
Com’erano i rapporti con Ronaldo?

«Erano e sono ottimi. Abbiamo ancora una chat whatsapp con il Fenomeno, con Zanetti, Pagliuca, Simeone, Colonnese, Taribo West. Ci sentiamo, ci scambiamo opinioni. Furono anni bellissimi in quel gruppo nerazzurro, eravamo uniti e remavamo dalla stessa parte». 

In quella chat manca il grande Simoni.

«Gigi è andato via ma è rimasto nel cuore di tutti noi. È stato un signore e un uomo di calcio fantastico. Non posso dimenticare il suo stile». 
 
In conclusione, Zamorano, visto che fa anche il procuratore: ha un talento cileno da consigliare sul mercato?

«Ce ne sono tanti. Ne segnalo uno: il difensore Sebastian Vega, centrale sinistro del Monterrey, classe ‘96, è sicuramente pronto per il calcio europeo». Operatori del settore, al lavoro. 

Ivan Zamorano: "Inter, quanti ricordi meravigliosi!"

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