Voodoo, asini e un coro: ecco perché Romelu si è infuriato

Lo scontro tra i due è legato ai tempi in cui giocavano insieme nella Premier League, tra battutine nei consigli di amministrazione e cori cancellati per accuse di razzismo

Voodoo, asini e cori. Perché Ibrahimovic ha rivolto quelle frasi a Lukaku? E perché Romelu ha perso la testa? Per spiegare tutto bisogna fare un passo indietro, a quando tutti e due erano in Premier. Prima avversari, poi compagni di squadra nel Manchester United.

La scelta

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Di Lukaku e dei riti voodoo se ne parlò in una riunione degli azionisti dell’Everton quando decise di non rinnovare. Il proprietario Farhad Moshiri raccontò ai soci di minoranza che l’attaccante se n’era andato per il messaggio voodoo arrivato a Romelu dalla madre (congolese) mentre era in pellegrinaggio in Africa (scherzi del destino…). Le parole: “Gli abbiamo offerto un accordo migliore del Chelsea e il suo agente è venuto a Finch Farm per firmare il contratto. Era lì, tutto era a posto, c’erano alcuni giornalisti fuori, poi durante la riunione Rom ha chiamato sua madre. Ha detto che era in pellegrinaggio in Africa o da qualche parte e aveva un voodoo e ha ricevuto il messaggio che doveva andare al Chelsea”. Come se Lukaku — che finì poi al Manchester United — non potesse fare la stessa scelta di tanti colleghi: cambiare club per crescere, vincere o semplicemente guadagnare di più. Per lui bisognava chiamare in causa poteri ancestrali e soprannaturali. In Gran Bretagna quell’uscita scatenò polemiche e accuse di razzismo riferite al patron, non alla società impegnata per la comunità e l’inclusione. Lukaku rispose alle insinuazioni con il comunicato di un portavoce: “Romelu è molto cattolico e il voodoo non fa parte della sua vita o delle sue convinzioni. Semplicemente non aveva fiducia nell’Everton e non aveva fiducia nel progetto di Moshiri. Ecco perché non ha voluto firmare”. In tanti chiesero le scuse di Moshiri, mai arrivate.

Il coro

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L’altro retroscena, forse legato alla parola asino, è in un coro. Nel settembre 2017 un coro dei tifosi del Manchester United su Lukaku fu zittito dalle accuse di razzismo. In campo con lui c’era anche Zlatan Ibrahimovic e anche lui sentiva cantare dalle tribune dell’Old Trafford un inno che celebrava la superdotazione di Lukaku più che le qualità di giocatore. Kick it out, un gruppo contro le discriminazioni lo giudicò come “uno stupido e insultante stereotipo che non ha ragione né giustificazione ai nostri tempi”. Il testo fu giudicato già ai tempi “offensivo e discriminatorio”, tanto che lo United chiese di non cantarlo più. “È uno stereotipo a buon mercato e offensivo che non ha posto al giorno d’oggi”, scrisse un tifoso dei Reds. E la parola “asino” di certo si era già sentita accostata a Romelu, tanto che quando cominciò a fare la differenza con l’Inter, Antonio Conte disse: “Ho sentito dire che Lukaku era un asino… ne ho sentite di tutte le specie nemmeno tanto tempo fa! È facile parlare bene di Lukaku ora, ma se guardiamo indietro a qualche settimana fa…”

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