Vlahovic, serve un po’ d’azione: Di Maria e l’intesa con Milik sono i rimedi

TORINO – Ci sono numeri e numeri. Quelli di Dusan Vlahovic in questo avvio di stagione confermano un po’ di cose. La prima è che il centravanti serbo è uno vero, capace di venire fuori anche nelle difficoltà praticamente da solo nonostante un ritardo di condizione ancora evidente e inevitabile: 4 gol in 5 presenze sono un ruolino di marcia di tutto rispetto.

Psg-Juve, Vlahovic ci prova

Poi però i numeri dicono anche altro, spiegano come le difficoltà di inserimento in questa Juve siano ancora tante e di sistema. Perché solo uno di quei quattro gol è arrivato su azione, un altro su rigore, due sono dei capolavori balistici su calcio di punizione (spazzando via un tabù che durava da due anni in casa Juve). E nel complesso i numeri vedono Vlahovic rappresentare forse il simbolo dei problemi di sviluppo del gioco di questa squadra. Sono solo 110 i palloni toccati in tutto, dal minimo dei 9 giocati contro la Sampdoria (compreso il calcio d’inizio e due interventi nella propria area di rigore) al massimo dei 30 con lo Spezia. E son stati 23 contro il Psg. Pochi, pochissimi pure i tiri: 16 in totale (ma 6 solo contro il Sassuolo), appena 6 complessivamente nello specchio della porta. E, archiviata la scorpacciata di occasioni al debutto in campionato (1,41), nel resto delle partite disputate gli expected goals sono stati appena 0,85. Insomma, qualcosa che non va c’è ed è qualcosa di sistema.
Isolato

Qualcosa su cui Max Allegri sta lavorando. Anche per sfruttare meglio Vlahovic e farlo sentire meno isolato sta impostando le prove d’intesa con Milik, in attesa che dalle fasce possano arrivare con maggiore efficacia i suggerimenti ora di Filip Kostic e ora di Juan Cuadrado. Poi c’è sempre quella componente di qualità e imprevedibilità che solo i campioni (vedi Paul Pogba e soprattutto Angel Di Maria) possono dare al di là dell’organizzazione: non è evidentemente un caso che solo nell’unica vera partita giocata al fianco di Di Maria poi Vlahovic sia riuscito a scatenarsi come da piano di battaglia.

In ritardo

C’è un altro aspetto da considerare, tutt’altro che secondario. Perché è vero che Vlahovic non molla mai di un centimetro, corre senza palla e senza sosta, si batte e si sbatte. Ma è altrettanto vero che, in questa fase almeno, è un lavoro figlio della generosità del centravanti serbo, comunque in ritardo di condizione. Giorno più giorno meno, infatti, Vlahovic ha iniziato quasi un mese dopo rispetto a compagni e avversari: la pubalgia che lo ha accompagnato e limitato nella seconda parte della scorsa stagione è stata gestita con terapie e un lavoro differenziato portato avanti tra fine maggio, giugno e inizio luglio. Solo il 31 luglio il ritorno in campo per 45 minuti contro il Real Madrid in amichevole. Da lì una rincorsa passata dalla titolarità obbligata in campionato, almeno fino all’arrivo di Milik che gli ha permesso pure di rifiatare in un match delicato come quello di Firenze.

Vlahovic mago delle punizioni, meglio di Cristiano Ronaldo

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