Vialli, l’addio alla Nazionale e la via crucis di una malattia che ti mette alla prova

TORINO – Quando, a metà ottobre del 2019, Gianluca Vialli ufficializzò il suo ritorno in Nazionale nella veste di capo delegazione, fu lui per primo a chiedere di non indulgere in retorica: «Mandatemi subito affan… e così ci togliamo il pensiero». Perché tutti, ormai, sapevano che da due anni stava lottando contro un tumore al pancreas: lo aveva rivelato lui in un libro – “Goals” – in cui spiegò angosce, paure e speranze. Con garbo e profondità, anche per evitare inevitabili speculazioni. E a quel punto, dopo due anni di elaborazioni e di lavoro per accettare il nuovo “se stesso” (confessò di aver smesso di indossare i maglioni sotto le giacche per nascondere la perdita di tono muscolare e l’inevitabile magrezza patologica conseguenza delle cure) Gianluca decise che era giunto il momento di «tornare a fare le cose normali della vita, e lavorare è una cosa normale».

Una speranza di futuro

E il posto giusto per farlo era quello in cui ci sono gli amici, anzi, i «fratelli», come li chiamò lui: da Fausto Salsano con i suoi sorrisi fino, ovviamente, a Roberto Mancini con i suoi silenzi. Ma loro due, del resto, si sono sempre capiti anche solo con uno sguardo. La Nazionale, per Vialli, era ed è il “posto delle fragole”, un luogo in cui rimane intatto l’incanto della giovinezza, là dove si è stati felici come lo si può essere in un immaginario “per sempre”. Ma Vialli non cercava un rifugio nei ricordi, bensì una speranza di futuro e chissà, forse anche per questo il destino ha permesso a lui e a Mancini di abbracciarsi, piangendo per la commossa gioia, sul prato di Wembley in quella magica notte di luglio, nell’illusione di un tempo sospeso.

Le energie in una sola direzione

Sì, purtroppo: illusione. Vialli ha annunciato il suo addio alla Nazionale e lo ha fatto con un comunicato dignitoso, antiretorico e coerente con il proprio percorso umano: «Al termine di una lunga e difficoltosa “trattativa” con il mio meraviglioso team di oncologi ho deciso di sospendere, spero in modo temporaneo, i miei impegni professionali presenti e futuri. L’obiettivo è quello di utilizzare tutte le energie psico-fisiche per aiutare il mio corpo a superare questa fase della malattia, in modo da essere in grado al più presto di affrontare nuove avventure e condividerle con tutti voi. Un abbraccio». Non una notizia inattesa ma, ancora, tutti speravano (speravamo) che il tempo fosse clemente. Quel tempo che Gabriele Gravina spera di poter dilatare ancora: «Gianluca – ha commentato il presidente federale – è un protagonista assoluto della Nazionale e lo sarà anche in futuro. Grazie alla sua straordinaria forza d’animo, all’azzurro e all’affetto di tutta la famiglia federale sono convinto che tornerà presto. Può contare su ognuno di noi perché siamo una squadra, dentro e fuori dal campo».

Al posto di Gianluca in Nazionale

Vialli è alle prese con un’altra stazione della dolente via crucis a cui ti costringe la malattia, quella prova tremenda in cui ogni individuo declina la propria risposta e costruisce la propria reazione. Il suo ruolo in azzurro non sarà affidato a nessun altro, ma ricoperto “ad interim” dallo stesso Gravina perché il rispetto che si deve alle persone (soprattutto a quelle che se lo sono meritato) prescinde dai ruoli, dagli incarichi e dagli interessi. Chissà se lo capiranno coloro che solo due settimane fa, quando la situazione di Vialli era già ampiamente nota a tutti, a Genova lo pressavano per chiedergli informazioni sul futuro della Sampdoria. Sì, della Sampdoria…

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