Var, chiamata a carico dell'allenatore

Se dovessimo dar retta a Luciano Spalletti potremmo dire che la serie A è il campionato degli “sfigati”, ovvero dei tanti che si lamentano degli arbitri: presidenti, dirigenti, allenatori e giocatori. I giornalisti e i tifosi non sono contemplati: di sfighe ne hanno già a sufficienza.

Ecco un estratto delle ultime dichiarazioni di Gian Piero Gasperini (estratto uguale dentista) che domenica scorsa ne aveva dette quattro alla categoria arbitrale dopo l’espulsione da lui considerata immotivata («questi signori rappresentano un grande problema, non mettono mai la faccia»): «Faccio fatica a capire questo calcio, i gialli, i contrasti spesso sanzionati come fallosi, i falli di mano specie sui rigori e il Var. Non lo capiscono nemmeno i giocatori e il pubblico. La credibilità del calcio è compromessa in tante partite: non c’entra l’Atalanta, non ci sono episodi che ci riguardino, ma l’espulsione contro l’Udinese resta inaccettabile. Una parolina può scappare, ma poi c’è il controllore che è il quarto uomo. Tocca star zitti e far finta di niente». E adesso il finalino: «Non so se domani andrò in panchina».

Il “dentista” oggi sarà al suo posto, così come domani Mihajlovic che giovedì sera con grande onestà ha riconosciuto la superiorità del Napoli e la legittimità della sua vittoria pur senza aver digerito il secondo (inesistente) rigore assegnato da Serra. Risponderà presente anche Aurelio Andreazzoli, quello che… «il rigore lo vedeva anche mio nipote di quattro anni».

Ciò che alcuni arbitri non capiscono, o non vogliono capire, è che il “Var a chiamata” migliorerebbe i rapporti con gli allenatori, doppiamente responsabilizzati, limiterebbe le simulazioni – moltiplicatesi con l’introduzione della videochirurgia – che si rivelerebbero autolesionistiche, e restituirebbe proprio ai direttori di gara la centralità perduta. Inoltre – altro particolare importante – avvicinerebbe il calcio alle discipline sportive che la chiamata la praticano da anni e con enorme soddisfazione.

Qualcuno ai vertici del settore arbitrale è convinto che il “problema Var” sia un’esclusiva italiana e non venga avvertito altrove: suggerisco al primo dei mohicani di dare un’occhiata a quello che è appena successo in Spagna e alle reazioni della stampa madrilena dopo Levante-Atlético. Dal Var non si torna indietro: le correzioni apportate dalla sua introduzione a oggi in seguito alle contestazioni e alle “personalizzazioni” degli utilizzatori finali non hanno prodotto gli effetti sperati. Hanno anzi aumentato la confusione tanto in chi decide quanto in chi subisce e chi osserva. Si rende necessario un cambio di prospettiva che soltanto la chiamata può garantire. Parafrasando un vecchio proverbio, l’arbitro è cieco, ma lo sfigato ci vede benissimo.

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