“Il Piccolo Brasile” si chiamava la squadra messa su da Riva all’oratorio. E vinceva sempre
24 gennaio 2024 (modifica alle 18:57) – MILANO
Una foto degli anni Sessanta. Gigi Riva giovane, in tenuta estiva, quasi balneare, come se fosse il dirigente accompagnatore della squadra di calcio a otto, con le maglie bianche e la scritta dello sponsor, Panificio Appiani. Siamo a Laveno Mombello, sulla sponda lombarda del lago Maggiore, in provincia di Varese. Leggiuno, il paese natio di Riva, è a pochi chilometri. La foto l’ha scattata Lino Morandi, vicino di casa dei Riva a Leggiuno. Gigi è già calciatore professionista del Cagliari, si gode qualche giorno di vacanza ed è andato a vedere la partita di uno di quei tornei che lui conosce bene, perché li hai giocati.
fama
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Su quei campi, tra la fine dei Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, Riva si era fatto un nome. Segnava caterve di reti e la sua fama si era diffusa per il circondario. Nel Varesotto tutti parlavano di quel ragazzotto magro e forte, con un sinistro potente. Gol su gol che valevano a Gigi i primi titoli sui giornali locali, La Prealpina in testa, e tanti premi in natura. “Tornavo a casa a notte alta – ha raccontato Riva in “Mi chiamavano Rombo di Tuono”, l’autobiografia scritta assieme a Gigi Garanzini -. Gol tanti, soldi pochini. Premi in natura, più che altro. Riempivo la dispensa: uova, galline, formaggi, salumi. La prima volta mia madre mi svegliò all’alba: “Ma cos’è tutta questa roba? L’avrai mica rubata?”. Povera mamma. Un paio d’anni più tardi, con i primi soldi veri, le comprai un televisore”. Mamma Edis brontolava, però il cibo non lo buttava – figurarsi: sacrilegio – né lo rispediva ai mittenti. Prendeva il chilo di burro e lo metteva nel frigo. La gente comune non nuotava nell’abbondanza, in quell’Italia che pure viveva il suo boom economico, e Gigi era già orfano di padre. Di lì a poco anche la mamma se ne sarebbe andata, consumata in fretta da un tumore.
calcio spensierato
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La foto ci restituisce il ricordo di un’Italia sorridente malgrado tutto, con un’idea e una speranza di futuro, e ci parla di un calcio spensierato. Il ruspante mondo dei tornei dei bar e dei paesi, mini-campionati che si giocavano ovunque ed erano molto seguiti. “Era l’epoca dei tornei estivi in notturna – scrive Riva nel suo libro -, e con i ragazzi dell’oratorio, sotto la supervisione di don Piero, mettemmo insieme una squadretta che si chiamava Piccolo Brasile. Io ero il più giovane e con Alberto, Giuseppe e Pinin vincevamo da ogni parte. Da Leggiuno venivano i tifosi a sostenerci. Arrivai a giocare tre partite a sera per più squadre, a volte entravo nella ripresa perché non facevo in tempo”. Poi Riva diventò troppo forte e il Legnano, squadra di Serie C, lo tesserò per la stagione 1962-63. Il Cagliari, allora in Serie B, faceva base proprio a Legnano per le sue trasferte in Lombardia e durante un’amichevole l’allenatore dei rossoblù sardi, Arturo “Sandokan” Silvestri, ex difensore del Milan, notò quell’attaccante segaligno ed esplosivo. Nell’estate del 1963, il trasferimento a Cagliari, l’innamoramento totale per la Sardegna, ma Gigi, quando tornava sul lago, un salto ai campetti dei tornei di paese lo faceva sempre, come questa foto dimostra. Non si possono estirpare le proprie radici.
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